martedì 30 novembre 2010

"Ed eccomi finalmente in Venezia" (parte una, forse unica)

Con sto post si perde un sacco di tempo inutile. Astenersi gente responsabile e in gamba.

Un giorno nel mezzo della settimana scorsa che volge alla fine (anzi, ne è già iniziata una nuova, ohibò); insomma, in questo giorno in mezzo alla settimana, forse era mercoledì, suona il telefono.
Vado a rispondere, è mia mamma.
Mi siedo comodamente sulla sedia a dondolo posta vicino alla mensola dove si trova l'apparecchio telecom, quello bianco col filo, quello che ti dà la telecom e che paghi ogni mese un fracco di soldi di affitto, prendo la cornetta, dico Pronto, ciao mamma come stai come state come va? bene? benebene, anche noi, tutti noi, bene noi.
Dopodiché, subitaneamente, le racconto che io e suo genero, sabato e domenica, andremo a Venezia, e che loro sono la coppia vincitrice della gara d'appalto "Un fine settimana con i tuoi adorati nipoti". Nel fare questo mio lunghissimo monologo, peraltro unico della discusisone, distrattamente estraggo dalla libreria un libro vecchio, ma vecchio nel senso vero, vecchio nel senso di vecchissimo, trovato l'estate scorsa in una bancarella in centro a 2,50 euro, con le pagine marroncine talmente ruvide e pesanti che si fa anche fatica a girarle. Risale al 1939 e fu di una certa Franca Caimmi; c'è il suo nome scritto a penna, sopra; e c'è scritto anche Cesenatico, 18 luglio 1939, sempre a penna. Un sacco di dati che non ci serviranno a nulla.

Questo libro vecchissimo è l'Autobiografia di Vittorio Alfieri (comprata in quanto amante delle cose vecchie, che a volte hanno come unica attrattiva solo l'esser vecchie), che poi in verità non l'ho mai aperta. Insomma mi succede che apro il libro in una pagina a caso, quelle cose che fai soprapensiero, e poi succede che leggi anche, butti l'occhio, mentre tua madre dall'altro lato del capo del filo della cornetta del telefono racconta cose e cose e cose.
Ebbene, mi trovo del tutto casualmente (ma la mia vita è piena di casi della vita) davanti a quanto segue.
A p. 121, epoca terza, cap III, l'Alfieri scrive:

"Ed eccomi finalmente in Venezia. Nei primi giorni l'inusitata località mi riempì di maraviglia e diletto; e me ne piacque perfino il gergo [...]. La folla dei forestieri, la quantità dei teatri, ed i molti divertimenti e feste [...] mi fecero trattenere in Venezia sino a mezzo Giugno, ma non mi trattenni perciò divertito. La malinconia, la noia, e l'insofferenza dello stare, ricominciavano a darmi i loro aspri morsi tosto che la novità degli oggetti trovavasi ammorzata. Passai più giorni in Venezia solissimo senza uscir di casa; e senza fare nulla che stare alla finestra, di dove andava facendo dei segnuzzi, e qualche breve dialoghetto con una signorina che mi abitava di faccia; e il rimanente del giorno lunghissimo, me lo passava o dormicchiando, o ruminando non saprei che, o il più spesso piangendo, nè so di che, senza mai trovar pace, né investigare né dubitarmi pure della cagione che me la intorbidiva o toglieva."

Arrivata al punto "di dove andava facendo dei segnuzzi" ho richiuso elegantemente il libro e mi sono sperticata in una risata che neanche una comare del Goldoni, al pensiero del Poeta alla finestra che fa il vapore con la bocca sul vetro, e alquanto triste senza nemmeno saper perché, in quel di Venezia, fa disegnini tutto il dì con le dita e con lo sguardo uggiosetto.
Allora mi sovviene alla mente di quella volta che siamo andati al Pignagnoli ballabile (l'ultimissimissimo) e abbiamo ascoltato le letture di un altro poeta, il Pignangoli, che parlava di altri poeti e delle loro tristezze, e che secondo me ha capito tutto, Venezia o non Venezia, e che dice così:


"Il poeta Pascoli, poveretto, stava male. Beveva un fiasco di vino sotto a un pergolato, diventava un po' allegro, ma era un'allegria che gli durava poco. Dopo andava a tirarsi una delle sue pugnette, e, non l'avesse mai fatto, gli venivano tutti i rimorsi del mondo. Anche il suo sguardo, diventava cupo e serio, e non diceva più una parola. Invece l'uomo che ha una bella donna, lui guzza, sta benissimo."
(Dalle opere complete di Learco Pignagnoli, Opera n. 107 di Daniele Benati, Aliberti Ed.).


Insomma, siamo stati a Padova per una mostra, e poi a Venezia per Venezia, per le Schegge (scaricateveleve gratis), per Spinoza.it e per gli amichetti. Ed è stato maraviglioso. Farò post due tre quattro cinque, non lo so quanti. Magari anche nessuno. Perché alla fine, certe cose, cosa vuoi.

mercoledì 24 novembre 2010

Cioè, di cui, coloro

bzzbbzz

bbbzzz bhzhzz

"...perché io volevo dire che siccome, cioè: quelli che io ho sempre ritenuto che portassero avanti un discorso giusto, invece quelli lì, mi devo ricredere di quello che hanno detto anche se coloro non sono della mia parte, perché invece quelli che erano della nostra parte, cioè, avevano contrastato nei fatti, i fatti sono chiari, ci sono e io mi baso su quelli lì, e coloro i quali che invece alla fine le cose, sì, le cose, io quelli, coloro, per cui, in cui, di cui, insomma, quelli che erano dall'altra parte e le cose che loro le dovevano fare, avevano detto che le facevano, invece gli altri dicevano delle cose, io non ci credevo che le facessero, devo dire che alla fine mi devo ricredere purtoppo che quelli della mia parte, a parole sì, invece i fatti dicono che l'idea, cioè, nonostante fossero dall'altra parte, mi devo ricredere e quelli che, coloro che dicevano la mia idea era la stessa. E allora, alla fine, cosa voglio dire?"

Ah nanìn, se non lo sai te.

Questo è un estratto da un discorso riportato a memoria dalla sottoscritta (ma vi giuro potrei quasi dire "testuale"), sentito fare alla radio da un politico in merito alla disastrosa situazione del suo paese. Non dirò il politico perché non lo so, e nemmeno il paese. Amen.

Pori i me schei, a disea me mama.

domenica 21 novembre 2010

Forse sono cose

Esco da una stanza per andare in un'altra, che devo fare qualcosa. Arrivo e non mi ricordo più cosa devo fare o prendere... allora torno nella prima stanza e niente, mi ritorna in mente.

Viaggio in macchina pensando intensamente ad una persona. Quando arrivo in casa faccio un sacco di cose, passano delle ore, leggo, parlo, ascolto la radio. Poi torno in macchina di nuovo, devo fare delle commissioni. Ed ecco che tutto il pensiero di quella persona che avevo pensato tornando a casa è come se fosse stato lì ad aspettami, e allora succede che mi si catapulta addosso, identico a come l'avevo lasciato, posso ripartire da lì.

Sono a letto e faccio un sogno. Mi giro dall'altra parte e puf, il sogno svanisce. Allora mi rigiro nella posizione di prima ed eccolo lì, esatamente dove l'ho lasciato.

Torno dopo un anno intero nella stessa casa delle vacanze dell'anno prima. L'anno prima avevo letto un libro. Appena entro nella casa, quel libro lì, le immagini, la sua musica, i personaggi, e le emozioni, pure, sono tutti lì, attaccati alle tende, ai muri, al compriletto.
La casa me lo racconta di nuovo.

Comincio a pensare che i pensieri siano cose.
Comincio a pensare che sia meglio avere sempre pensieri belli.

martedì 16 novembre 2010

da cui vergine nacque Venere

Sono stata in Portogallo alcuni giorni (quattro) per il progetto Comenius, ed è anche per questo se il blog è rimasto nel dimenticatoio per un pochetto.

Ecco un brevissimo riassunto del viaggio fatto di racconti sparsi che c'entrano poco tra loro, così come si addice alla regina dei cialtroni, che sarei io (poi, qui, torna tutto come prima. Credo)

Il primo giorno veniamo salutati, a colazione, dal quotidiano locale dal quale scopriamo che (con sorpresa e senza nascondere lacrime amare), data la crisi in cui versa il paese, i ministri, deputati politici e contorni vari del governo portoghese si tagliano gli stipendi. E questo perché, dice il giornale, "la crisi l'affrontiamo tutti". Vabè, ah ah, bravi! pensiamo, ma passare dai soliti 15 mila euro di stipendio dei politici a, mettiamo, 14,50, son bravi tutti, cosa vuoi che sia.
E invece no. I politici portoghesi passano dai loro attuali 3,5 mila euro di stipendio circa (pubblicati) ai 2, 2,5. Come i nostri, paro paro. Infatti il pd, per affrontare la crisi, sta per regalare ai suoi senatori un iPad.
(Ecco perché m'è arrivata la letterina a casa per chiedere sostegno economico al partito in questo difficile momento!).

Pregni di felicità per il viaggio nonché di malinconia (?) per il nostro amato belpaese (e della voglia di tornare e condire un panino con ripieno di governo), iniziamo il nostro tour.

Ho visitato città, veduto cavalli e cavalieri ad Almeirim (che, voglio dire, lasciate il motorino e presentatevi dalla morosa col cavallo, date retta), saputo tutto sulla corrida portoghese, assistito a canto dei furcado in osteria a Santarém (secchiate di testosterone, a momenti m'affogavo), mangiato ovunque e sempre (benissimo), acceso due candeline a Fatima, visitato le scuole, confrontato idee e pareri e lavori con i colleghi europei, passeggiato e goduto della vista delle milioni di azulejos diverse in giro per le strade, panni stesi, volti intensi; goduto del fado all'Adega do fado ribatejo a Lisbona, consumato un numero disumano di risate (...e altro non dico ché è fatica raccontare emozioni e impressioni in breve spazio),

ma,
soprattutto, gente,

ho visto l'OCEANO.

E qui devo aprire una parentesi.

Perché io, che volevo toccare l'acqua, è stata poi l'acqua
che ha toccato me.

Spiego:

correva il giorno 9 novembre quando, nel tornare da Fatima verso Nazaré, ci fermiamo in un punto panoramico ad ammirare l'oceano.









Scendendo poi a valle per andare a degustare dell'ottimo pesce in un localino in riva all'oceano, in pullman io e la mia collega disquisiamo di spiritualità, amore sovrumano e delle meraviglie della natura. E' così che mi racconta che uno dei suoi incubi più terribili è di essere investita da un'onda; ed è così che io, al contrario, le racconto che quello è da sempre uno dei miei sogni surreali più grandi, e cioè che sia proprio un'onda dalle dimensioni giganti l'ultima cosa che vedo. Perché se sono lì e la posso vedere davanti agli occhi, all'onda gigante, è chiaro che poi ci muoio sotto.

Ah, l'acqua! Ah, noi! segni zodiacali marini (due granchi), quanto c'affascina, l'acqua! Quanto la sentiamo, l'acqua! Quanto ci appartiene come elemento, l'ACQUA!

E così, catturate dall'oceano e dalla sua magnificenza e potenza









e dalle incredibili onde, subito dopo mangiato corriamo a fotografarle, riprenderle, fare video, sentire il vento, ascoltare lo scrosciare dell'onda che rompe. E lo facciamo solo noi quattro italiani, pieni di passione.
Ma un motivo c'era, se eravamo solo in quattro.
L'incoscienza.


E così abbiamo fatto i video.
E le foto.


E le corse sulla spiaggia.
E le risate.
E i commenti.
E la Mary che tocca l'acqua.

Era così felice, la Mary.
E io la guardavo, la Mary; la riprendevo con la macchinetta fotografica, ridevo anch'io, ridevamo tutti; che felici che eravamo davanti alla potenza dell'oceano, a guardare le onde, e quell'altra, e guarda anche quella che alta, altissima, incredibili! Quale fascino, quale forza, quanta acqua. Tanta acqua, proprio.
Così tanta, di acqua, così alte, le onde, così veloci, ma così veloci, osta che veloci! così veloci che poi, dopo che la Mary ha toccato l'acqua, l'acqua ha ricambiato l'amore. In pieno.
Diciamo che mi ha abbracciato con passione e trasporto.
Spiaggiandomi.




Già.



Ecco, da questa esperienza oceanica-portoghese ho imparato due cose:
- Uno: mai sottovalutare le onde dell'oceano, che sono velocine, quando si mettono
e
- Due: bisogna stare attenti a ciò che si desidera, soprattutto nelle ore vicine alla visita a Fatima.

E poi comunque non si fa il bagno dopo mangiato (o almeno credo che sia stato questo che mi hanno detto (insultandomi) i vecchi portoghesi con ombrello sul braccio (lui) e fazzoletto in testa e scialle di lana (lei) a braccia conserte e con le facce indignate (entrambi) che mi guardavano venire su dalle acque).

Poi ho cercato subito un negozietto per cambiarmi, e l'unico aperto era peruviano.

Gente, il Portogallo è bellissimo.


(Aproffitto per ringraziare la meravigliosa ospitalità dei colleghi portoghesi, l'accoglienza, le opportunità di conoscenza e scambio. Li aspettiamo in Italia in marzo. Non vedo l'ora.)

(E ringrazio anche la mitica fu Sony che finì in acqua con me. Gloriosa! Ho salvato la scheda e le foto e i video che mi ha donato fino al suo affogamento)