domenica 16 gennaio 2011

I giorni della merla (fino al collo)

Stupidipensieri amari e veloci nei giorni della merla.

Ho letto un po' di cose in giro e sono incazzata. Sono incazzata per Mirafiori, sono incazzata per il teatrino della politica italiana, sono incazzata per la riforma scolastica (e siamo solo alle notizie in Italia), sono incazzata e cerco di capire.
Non è la prima volta che la politica mi fa incazzare, sono anni che mastichiamo schifezze e delusioni e sono anni che cerco di pensare a piccole personali nicchie di felicità dentro il marasma generale.
E ogni tanto mi chiedo: cosa racconterò ai miei figli o ai miei nipoti di questi momenti, cosa dirò che facevo, io? Come reagivo, quale è stata la mia parte?

Gli operai sottoposti al referendum: cosa significava dire sì, cosa dire no? Cosa significa essere posti di fronte ad una scelta-non scelta, di fatto contro un gigante (la logica di mercato, burattini e burattinai) che può arbitrariamente e sempre di più piegarti e impedirti di vivere una vita dignitosa, con un lavoro in cui non ti senti uno schiavo sottopagato e che non ti mette nella condizione di essere in competizione contro i tuoi stessi colleghi per un tòco de pan, potere che ti impedisce di renderti autonomo, o crearti una famiglia, o sapere che avrai la possibilità di far studiare i tuoi figli (per dirne solo alcune)?
Un referendum che ti mette di fronte alla scelta: "o sì o taac"? (cit da qui)
Ma per favore.

Cosa significa dire sì o dire no?

Questo referendum, questa finta scelta è solo una briciola nelle enormi contraddizioni in cui ci siamo infilati in duemila anni di storia.
Se non ci mettiamo in testa che è il momento di studiare, leggere, capire, TUTTI, di renderci consapevoli delle dinamiche storiche, sociali (e psicologiche, anche) che governano il nostro vivere a livello personale, locale ma anche globale (per dirne solo alcune: ridistribuzione della ricchezza, tecnologia per migliorare la qualità della vita di tutti, ricerca di forme nuove e ecologiche di produzione dell'energia, fine dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e di nazioni su altre nazioni, ma al contrario andare verso la logica dell'uomo per l'uomo - e lo diceva già E. Fromm - eccetera);
se non ci mettiamo in testa che è ora di cercare strade nuove, ma condivise, insieme, allargado anziché stringendo il campo, sentendosi parte del mondo e non cercando la propria identità in cerchi sempre più stretti, regionali, religiosi, di colore, di lingua;
se stiamo qui a guardare l'orticello, fare i rattapezzi che non solo non bastano ma aprono altre criticità e chiamano altri rattapezzi;

e allora continueremo a vivere di rattapezzi, continuerà ad aprirsi la forbice tra ricchi e poveri, continueremo ad alzare muri, ideologici e reali, a inseguire il bisogno di sentirci grandi attraverso qualcun altro che soccombe, a farci la guerra tra poveri, ad essere oppressi con la violenza da chi ha il potere in quel momento.

***
Ma siamo alle solite. Alle solite perché la dinamica (a livello micro e macro) è sempre quella. Com'è che la storia ha conosciuto schiavi, persecuzioni, guerre, rivoluzioni sanguinarie per rovesciare governi sanguinari e oppressori, e adesso siamo di nuovo lì?
Siamo ancora lì. Sarà che siamo fatti così.
La verità è che l'uomo ha la memoria del pesce rosso. Mio nonno è morto e mia nonna non dà più nel quindici, e quel che racconterò io ai miei figli sarà una piccola porzione e magari romanzata di quello che loro hanno vissuto con la povertà, con il fascismo, con la guerra e con l'emigrazione oltreoceano perché qui, negli anni 40, non c'era lavoro.
E raramente rileggiamo la storia. E raramente ce la raccontano in tv. E ormai non c'è tempo per farla (bene) a scuola; e se la fanno, è difficile poter approfondire i temi con la calma che richiedono. La storia ci casca addosso, e per taluni è pesante come un macigno.

E poi non abbiamo tempo. Non abbiamo tempo per studiare, non abbiamo tempo per informarci, non abbiamo tempo per leggere e discutere con altri. Non abbiamo tempo perché lavoriamo tutto il giorno e portiamo avanti una famiglia. Non abbiamo tempo perché la giornata è di ventiquattro ore e siamo presi dentro il turbine del quotidiano. O delle cazzate.

Ok, non io ho tempo ma ho deciso che lo devo trovare. Oggi c'è la possibilità di fare circolare le idee come mai prima d'ora. Lì risiede la sfida. Però le idee nascono se il cervello lavora, oppure c'è il vuoto, o la defilippi, o star dietro alle puttane della politica italiana (anzi, alla politica delle puttane italiane) o peggio, seguire l'ideale di moda e abbracciare la forca, così si sfoga un bel po' di rabbia, intanto.
E far lavorare la testa richiede fatica e tempo. Tempo di informarsi e fatica di ragionare.
(poi, in rete ce la raccontiamo tra di noi, eh, ma è un inizio).

Io, ad esempio, non conosco bene l'economia politica (storica e contemporanea), ne ho solo qualche informazione parziale e spesso confusa, e ammetto che mi piacerebbe saperne di più, che qualcuno me la spiegasse, ché da soli è difficile davvero. Senza conoscenza si parla per luoghi comuni e se ne producono anche. Troverò il tempo? Non lo so. Adesso non la conosco bene, ma conosco l'uomo abbastanza da sapere che la perfezione non esiste e che le tensioni e le contraddizioni fanno parte della sua natura più profonda; che si fa causa al vicino per una pisciata di gatto nei gerani e che si litiga tra fratelli sul letto di morte del vecchio ricco; che spesso se si deve scegliere tra stare così così in due o uno benissimo e l'altro di merda, si finisce nella maggioranza dei casi per l'opzione due.
Anche questa consapevolezza di sé costa fatica, e tempo.

Ma so anche che l'uomo è l'unico essere vivente con il libero arbitrio (lasciamo perdere derive religiose, please), e che abbiamo sempre una scelta, e che la scelta è necessaria e difficile perché richiede comunque la perdita di qualcosa. Nel micro e nel macro.
E so anche che non possiamo prescindere dalla tensione a stare meglio, ma che si sta veramente bene se si sta bene tutti.

Oppure no, oppure vincerà l'istinto di morte e vaffanculo, sceglieremo sempre e comunque me, ci massacreremo e la terra alla fine creerà un buco e ci cacherà via tutti con una sonora scorreggia. Dentro sacchetti di plastica.
Di sicuro non saremo né i primi né gli ultimi ad estinguerci perché inadatti.

Ma di sicuro saremo i primi ad estinguersi perché cretini.

4 commenti:

  1. Sono orgogliosa di averti conosciuta!...il tempo...la conoscenza...le scelte...la responsabilità di esistere! Spero...credo...!

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  2. Grazie Daniela, la cosa è reciproca :)

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  3. L'inizio dell'anno dovrebbe indurre a più ottimistici pensieri.
    Ciao.

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  4. nono, ma io in generale sono ottimista, eh :) Magari non ci estinguiamo! :D

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