sabato 22 ottobre 2011

punti di vista

Forse qualcuno di voi si ricorda di Madhi; per chi avesse voglia di leggersi un lunghissimo vecchio post, ne parlai qui.
Madhi è un ragazzo africano che sta cercando di vivere in Italia e che ogni tanto passa a trovarci e si ferma a bere un caffè e a fare due chiacchiere. Adesso è un po' che non lo vedo, dice che forse in autunno riusciva, dopo tanti anni, a tornare dai suoi. Spero.

In primavera, a ridosso dello scoppio della guerra civile in Libia, passò a trovarci e gli chiesi un parere. Ricordo bene che lui mi rispose sorridendo, molto sicuro di ciò che diceva: Gheddafi è finito. Prima o poi lo trovano e lo uccidono.

Io gli dissi che probabilmente lo avrebbero catturato e processato. Mi guardò tenero. E poi mi disse con il suo italiano ancora un po' stentato:" da noi non è come qui da voi, che si fanno i processi e poi dopo magari uno, un mostro come quello lì o un assassino, gli calano la pena ed esce per buona condotta e torna ad ammazzare. Da noi ti ammazzano, sei finito. E per me è giusto, deve essere così, via! Così la gente ci pensa di più prima di ammazzare un altro. Hai ammazzato? Allora devi morire. Paghi con la vita. E infatti lui non arriverà mai ad un processo, è già finito, lo ammazzeranno, ed è giusto così. Siete voi che sbagliate.

Mi impressionò la sua schiettezza. Sono profondamente contro la pena di morte e avrei voluto iniziare a parlare e parlare e parlare. E invece quel giorno, di fronte a lui, a quegli occhi che non so mica quante ne hanno viste, io non seppi dire beo. Era come se sapessi che qualsiasi discorso o qualsiasi argomentazione, per quanto ben posti, non lo avrebbero mosso di un passo.

Ogni tanto ci penso ancora.

6 commenti:

  1. Culture diverse, profondamente diverse.
    In quei paesi si usa applicare ancora la legge dell'occhio per occhio e la popolazione, penso, sia convinta dell'efficacia di tale sistema di giustizia.
    Noi siamo, e secondo la nostra cultura giustamente, per il principio del "nessuno tocchi caino".
    Secondo me sono necessari anni e anni di convivenza prima che culture così diverse riescano a comprendersi e, magari, a produrre un nuovo modello di socità civile che prenda il meglio di entrambe.
    Certo, non basta abbattere le frontiere e dire "accomodatevi" per ottenere d’emblée la convivenza ideale di persone, idee e convinzioni.
    Mi piace molto l'approccio, per così dire, dal basso, del trovarsi a casa, bere un caffè e parlare. Secondo me è questo il metodo vincente.

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  2. Io sono d'accordo con il ragazzo africano.
    Il mio concetto di legge del taglione è integrale ed estesa: sono per la reciprocità e la correttezza.
    Dalla carezza per carezza fino alla morte per morte.

    Sono contro la tortura e ogni forma di dolore inferto e protratto per capriccio.
    Ma in un contesto dove un dittatore tortura e uccide per decenni la gente, io non ho l'arroganza di insegnare la morale alle vittime.

    Trovo ci sia più etica in un linciaggio che nella scena di un malvivente che esce per buonacondotta ridendo in faccia ai parenti delle sue vittime.

    L'ipocrisia è la peggiore delle pene capitali.

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  3. "Mi piace molto l'approccio, per così dire, dal basso, del trovarsi a casa, bere un caffè e parlare". Sì, anche a me. Pochi giorni fa è tornato e abbiamo parlato di donne picchiate dai mariti, che lì è cosa normale, dice lui, e dice che qui gli uomini non lo fanno solo perché sanno che altrimenti la polizia li mette dentro. E' seguita un'altra bella chiacchierata, istruttiva per entrambi, credo. Kisciotte, sì, anche a me l'ipocrisia irrita. Il discorso è lungo e complesso. Non c'è etica in nessuno dei due esempi che riporti, ahimè. Insegnare la morale no, nemmeno io. Continuare a riflettere sì però, e problematizzare, e confrontarsi. A volte mi vien da pensare che per come siamo messi, come razza umana, siamo riusciti a sopravvivere ben oltre le nostre possibilità. :) grazie dei commenti

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  4. Certo Zazie, purtroppo non c'è nulla di "etico" nel mio confronto tra due tristissimi giochi al ribasso della nostra razza.

    Gli unici elementi che possono salvarci dall'estinzione, come evidenzi preziosamente tu, sono intelligenza e dialogo, valori irrinunciabili.

    Pensa, ho scritto due post sulle devastazioni violente di Roma a metà ottobre e ho replicato davvero irritato nei commenti a un articolo di Massimo Fini il quale voleva dare "dignità" ai black bloc equiparandoli agli insorti di Tripoli.
    Affiancamento infelice: noi viviamo in una democrazia che garantisce diritti costituzionali!!!

    Sono un tranquillone per natura, ma non sopporto chi voglia in qualsiasi modo giustificare l'uso della violenza gratuita in una repubblica parlamentare come la nostra. Dove, volendo, si può far sentire la voce della propria intelligenza.

    Purtroppo, in Libia, mentre le nostre intellighenzie hanno continuato a riflettere, problematizzare e confrontarsi per 40 anni, un dittatore ha fatto i comodi propri, indisturbato.
    E ora saltiamo fuori a porci il problema se Gheddafi fosse da linciare o meno, giusto per salvare la faccia (da culo) ai valori occidentali.

    Ogni preziosa opportunità di dialogo va colta, anche mentre si sorseggia un caffè, ma se i pensieri e le parole non servono a determinare azioni e comportamenti, rimangono idee sterili per conversazioni da salotto appunto.
    E poi si finisce o col giustificare la violenza in casa nostra o col biasimarla là dove abbiamo contribuito a farla covare ed esplodere.

    Poi, come dici tu, sono discorsi complessi, che soprattutto vanno sempre riferiti a un contesto.

    (Scusami davvero per il commento troppo lungo, ma le ipocrisie della Civiltà Europea a farsi bella sulla pelle degli altri proprio non mi vanno giù.)

    Cordialità :o)

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  5. Ok, si può vederla così: "puntare il dito, sì o no?" E' una strada troppo complessa. Si finisce per cercare colpevoli, per cercare il torto da una parte e la ragione dall'altra e non se ne esce. Oppure si guarda il discorso da un altro punto di vista, problematizzando, che significa però abbandonare tentativi di risposta esaustivi. Ad un certo punto nel post linkato dici: "Invece dovremmo documentarci". Esatto. L'ignoranza genera arroganza e violenza, chiusura e scontro, il dialogo e l'informazione fanno cultura e generano incontro. I pensieri e le parole generano azioni. Solo che sia informarsi che dialogare sono tra le cose più faticose e costose (in termini umani) che io conosca.

    Vale la pena continuare a seminare, quanto meno e nel nostro piccolo. Le conversazioni da salotti buoni non fanno cultura (dialogo, incontro e informazione). Nei salotti buoni si tessono alibi perché tutto rimanga intellighenziamente (e mettiamoci anche economicamente) a vantaggio dei salotti buoni. Aspettare le parole e i pensieri dei salotti buoni è una fregatura. Partiamo da noi. Vorrei non dover credere nella violenza per forza, vorrei poter credere nella rivoluzione (magari fa meno rumore di manganellate in piazza, ma forse è più efficace e a lungo termine) attraverso l' "attenzione", la documentazione -che fatica-, la cura quotidiana nei piccoli gesti, discorsi, azioni; perché educare i figli, parlare con i vicini, scegliere il detersivo eco, discutere con il marito o con l'amica, prendere il caffè con Madhi e parlare, SONO AZIONI, mai solo sterili discorsi. La mentalità è un'abitudine di comportamento e può cambiare. E ogni paese, ogni civiltà, ogni periodo fa i conti con la storia, a partire da una azione "insignificante" come due individui che bevono il caffè e confrontano pensieri e mentalità e comportamenti, fino al confronto culturale tra paesi (tu fai commenti lunghi? e le mie risposte? :D ). Questi commenti sono solo parole? io credo profondamente di no, e ti ringrazio :)

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  6. Grazie per la rispostona. Apprezzata! ;o)

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