Sono stesa all’ombra in terrazza, leggo, c’è una bella aria e mi sento distante dalla calura di questo 11 luglio. Un insetto, forse un’ape, sceglie il mio gelsomino per mangiare, mi sento di ringraziare, ringrazio, son convinta che mi abbia sentito. Passa il netturbino delle quattro, come ieri, un rumore fastidioso ma sopportabile. Un camion scarica la merce per l’albergo, non fa rumore. Sono tutti in spiaggia, io non ne ho voglia, se continua così questa sarà battezzata come l’estate bianca, come me, bianca. Facebook mi intossica, non ci vado più. Sono a metà di questo libro che mi piace e provo già nostalgia preventiva per quando l’avrò finito. Al momento non mi sento pronta ad affrontare nostalgie, a breve cambierò casa e già mi manca. Continuo a guardarla, stanza per stanza, la osservo a lungo, così come leggo, lentamente. Non voglio che finisca. Un presente che sembra vuoto si rivela, spesso, incredibilmente ricco.
Il santo che gridava al lupo, al lupo
10 ore fa
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