sabato 12 dicembre 2009

Rivoluzione

Mi ricordo che quel giorno ero da mia nonna, ero seduta sul divano, nel mezzo: lei da una parte e il nonno dall'altra.Tutti e tre stretti sotto la coperta di lana a scacchi, il salotto in penombra. Sapevo che il nonno stava per chiudere gli occhi, mancava poco; allora mi ricordo bene che ho pensato che me lo dovevo godere proprio quel momento, che poteva essere anche l'ultimo, a potermene stare accoccolata tra loro due.

- Nonna, ti racconto una storia?
- Sì tesoro, raccontami una storia.
(che bello, la nonna mi chiama sempre tesoro).
- E' la storia di una signora che ha la tua età più o meno, ma lei è molto vecchia, te no. Quanti anni hai tu?
- Eh, quanti anni ho... Non so, son del '21, ne ho...
- Mmmh, ottantotto, nonna.
- Osta però! Già ottantotto... Ma sei sicura?
- Sì nonna, sicurissima.
- Ma in che anno siamo?
- 2009.
- Ma dici davvero? Osta però, già il 2009.
- Già. Comunque questa donna era una donna molto severa, era sempre stata severa, nella sua vita. E' in treno, sta andando al mare.
- Oh, che bello il mare.
- Sì. E nel vagone con lei ci sono dei ragazzi. Lei non li sopporta i ragazzi, sai?
- No? e perché?
- Perché sono volgari, dice lei. E poi non sanno parlare l'italiano. Pensa che era così severa, e anche un po' stronza, direi, che una volta è successo che nel cancello di casa sua aveva trovato un cartello con scritto sopra: "Si pregano i signori inquilini di non gettare le carte per terra".
- E allora?
- E allora, siccome c'era scritto inquilini con la c e non con la q, lei lo aveva corretto con la matita blu.
- Noooo
- Sì sì, perchè lei era stata una professoressa di greco e latino, e si indignava, non resiteva.
- Ma pensa...
- Sì, nonna. Era tornata a casa, quel giorno, apposta a prendere la matita blu, quella degli errori gravi. Questa donna si arrabbiava molto. Era sempre arrabbiata. Era sempre stata arrabbiata, per una vita intera.

Il nonno fa un grugnito. Chiede dell'acqua. Gliela porto.

- Nonna?
- Eh?
- Lo sai che un pittore, che era anche un poeta, una volta ha scritto una poesia, diceva più o meno così: "Dev'essere una sorta di naufragio quando da vecchi ci si arrabbia ancora per qualcosa". Tu ti arrabbi ancora, nonna?
- Mah, sai, insomma, sì, perché delle volte il tuo nonnino mi fa arrabbiare, sai com'è...Ma, questa signora... che bella storia, è vera?
- No, l'ho inventata adesso. Ah, sì, ecco, stava andando al mare, in treno. E con lei c'erano questi ragazzi che andavano a fare una manifestazione. Era il '68, è una storia di tanti anni fa. E, insomma, lei non li sopportava. Questi parlavano di rivoluzione, ma lei non credeva proprio nella rivoluzione. Non era mai cambiata lei, figurati se pensava alla rivoluzione.Tu nonna credi nella rivoluzione?
- Mah, non so. Mi ricordo gli operai fuori dalla fonderia che si attaccavano ai cancelli perché volevano dei diritti, e che il padrone li buttava dentro a bastonate. Ti ricordi la fonderia dove abitavamo io e il nonno?
- Come no! Tutto quell'odore di ferro cotto. Mi ricordo che il nonno mi portava in guardiola a premere i bottoni colorati per aprire e chiudere il portone d'ingresso. Mi ricordo la mensa degli operai, i tavoloni di ferro che erano altissimi, per me, le tute blu, tu che preparavi le tavole della mensa, in quella sala enorme, e mi ricordo anche gli operai, omoni che mi facevano un po' paura, ma alla fine ridevano e allora poi non mi facevano più paura.
Scuote la testa. Alza le spalle. Le alzo anch'io. Batte con dolcezza la sua mano nella mia. Silenzio. Pensiamo. Poi sospiriamo all'unisono. E' bello sospirare all'unisono con la nonna. Dopo sospira anche il nonno. Sembra che dorma, ma non so mica se dorme.
- E allora, la signora?
- I ragazzi del treno, quelli nel suo vagone, ecco, lei non li sopporta. Sono vestiti male, hanno i capelli lunghi, parlano tanto e a voce alta, lei non li può vedere. Poi parlano di peace and love, si baciano senza tener conto che c'è anche lei lì, insomma, si chiede dove siano finite le buone maniere, e le ragazze tutte scomposte, sedute con le gambe allargate, e tutta quella passione, poi, e lei li odia ancora di più.
- Oh, che vecchiaccia. Perché?
- Perché lei, nonna, non ha amato mai.
- Mai?
- Mai.
- Oh, poveretta. E perché?

Mi piace la nonna. Io mi invento una storia lì per lì per lei, e lei è come se le stessi raccontando una storia vera.

- Perché aveva avuto una delusione da ragazza, il suo amore era partito per la guerra e non era più tornato. E da allora non ha più voluto amare nessuno.
- Ah. Io, al tuo nonno, sai cosa gli ho detto quando è partito soldato? gli ho detto: Ti sposo solo dopo che torni dalla guerra. Ché se muori, almeno, mi posso sposare un altro.

Minchia nonna, devo averlo preso da te il mio romanticismo.

Poi è successo che era pronto e siamo andate a mangiare. Mentre raggiungiamo la cuicina, la nonna capisce che non posso più andare avanti nel racconto. Non è soddisfatta. Ci stiamo sedendo a tavola.
- Ma poi, come finisce questa storia?
- Che lei muore.
- Muore? come, muore? così?
- Eh, sì. A stare a contatto con quei ragazzi, ad un certo punto, si rende conto che lei, nella sua vita, non ha vissuto per niente, trincerata dietro la sua rigidità e dietro un antico dolore. Le sale una fitta pazzesca e acuta dal petto, non fa in tempo nemmeno a stringersi con la mano e fa un infarto secco. Bum. Morta. Stava scendendo dal treno, e al secondo scalino, bum, infarto secco. Fine. Morta.
- Cade dalle scalette? Oh poveretta, ma si fa male?
- Muore nonna, non è che si fa male, muore proprio.
-Ah.
- ...
- ...
- ...
- Ma non si finisce una storia così, dai.
- Eh, nonna, non sono mica il cinema, io.
- Bella, comunque, dovresti scriverla.
- Ok. Magari, un giorno. Non si sa mai.
- Buon appetito tesoro.
- Grazie nonna, anche a te.

Ogni riferimento a cose, eventi o persone citate non è per niente casuale.
Il poeta di cui sopra è Paul Klee.

4 commenti: