lunedì 21 dicembre 2009

Pene

Questo post non parla del pene.
Questo post parla di pene, pene d'amore, pene che ti capitano, pene che ti cambiano la visione delle cose, quelle pene che devi ringraziare se adesso sei messa come sei messa, pene che hanno fatto di te ciò che sei. Pene che magari sottovaluti e un giorno capisci perché il tuo romanticismo è finito in un mucchietto di sassetti tanti tanti anni fa, oppure capisci perchè sapresti anche essere romantica, ma alla fine hai deciso di esserlo solo sognando tra te e te, ché c'è sempre in agguato uno che può fare quello che mi ha fatto il padre di tutte le mie pene, il mostro che viene descritto nella seguente appassionante struggente incredibile storia d'amor.


Correva l'anno millenovecentoequalcosa. Avevo sei anni, e anche lui aveva sei anni. Per me, lui, non esisteva. Avevo sei anni, esistevo solo io. Che diamine. Poi esisteva la mamma, poi il papà, poi la maestra e, sì, anche mia sorella, delle volte. Soprattutto quando mi menava. Quelli erano i momenti in cui esisteva moltissimo. O quando guardavamo i Barbapapà.

Un giorno ero a scuola, stavo colorando un disegno, ero al mio banco. Lui si è avvicinato a guardare che coloravo e poi mi ha detto: "Come sei brava a colorare, colori proprio bene dentro i contorni".
Lì, proprio in quel momento esatto e preciso lì, io mi sono accorta per la prima volta della sua esistenza. Allora, guardando il mio disegno e come lo stavo colorando e facendo anche un po' di smorfiette, con la testa inclinata, sicuramente anche dondolando un po', con la gonnellina e le calzamaglie di lana in quelle gambotte cicciotte, ho pensato: "Ah ah, Che discorsi, io so anche colorare senza lasciare i buchi".
Ma devo averlo anche detto, oltre che pensato, perchè lui ha risposto prontamente: "Eh, non esagerare adesso".
"Non esagerare? Non esagerare?"
Non esagerare. Così mi ha detto. E poi se ne è andato. Si è girato e se ne è tornato al suo banco.
Da allora non solo lui aveva prepotentemente iniziato ad esistere in quanto altro essere oltre a me in questo universo, ma cosa ancora più importante, non mi amava quanto mi amavo io. E così mi ero innamorata io di lui. Vigliacco.

Potevo non amarlo? Giammai! Perché anche a sei anni, se non son stronzi, non li amiamo.

E un giorno che me ne stavo in giardino felice e gaia con i miei sassetti e le margheritine a far casette alle formiche, inaspettatamente, me lo vedo che passeggia con la sua mamma per la mia via. Smetto di giocare con i sassetti e mi tuffo saltellando alla ringhiera del cancello che son tutta una felicità. Le nostre mamme parlano tra di loro e anche noi parliamo, io di qua e lui di là dalla ringhiera.

- Ciao Enrico, gli dico io.
- Ciao, dice lui.
- Vuoi essere il mio fidanzato? gli dico io. (Sì sì, proprio così, spudorata come non mai. Non sapevo ancora le cose, non conoscevo la vita).
- Sì vorrei, mi dice lui, ma non posso.
Non mi ha nemmeno lasciato il tempo di allargare la faccia in un immenso e beato quanto ebete sorriso.

Non posso. Ha detto proprio non posso. Testuale. Non posso. E son cose, queste, che non si dimenticano mica facilmente.
Non posso.
Ma perchè, gli ho detto, non puoi, cosa vuol dire che non puoi? La tua mamma non vuole?
Cioè, io proprio l'impedimento facevo fatica a capirlo. Gli piaceva come coloravo, quindi mi amava anche lui, e comunque era già un inizio.

- No, non è per la mia mamma, mi ha detto con le mani nelle tasche dei pantaloni. E' perché ne ho già troppe di fidanzate, tu non ci stai.
- Ah.
- ...
- Beh, ma, allora...Ma quante sono?
- Eh, c'è lei e lei e lei, e fa già tre, poi me lo ha chiesto anche lei, insomma, non ci stai, sono già quattro. Mi dispiace.

Non ci stai.
Già, perchè, anche a sei anni, se non son stronzi non li amiamo.
Non ci stai.
Ma come ragiona questo? Ma una in più cosa vuoi che sia? Che problema c'è? Sto buona in un angolo, non è che mi metto a disturbare, dai, tienimi anche a me, cosa ti costa?
Niente.
E così, capendo da subito che trattare non avrebbe condotto ad alcun buon risultato (era uno deciso questo), devo alla fine avergli detto amareggiata che se si liberava un posto, io ero lì.
Capito? Se si liberava un posto.
Avevo sei anni e ragionavo già male.
Poi però ha cambiato scuola. Amore finito, non ha avuto neanche il tempo materiale di liberare un posto, povero, non ci siamo mai potuti amare. Peccato.

E allora, dalla seconda elementare, ho cambiato tattica, mi son fatta furba: sono stata la morosa di un altro compagno di scuola, solo che per evitare beghe (senti che volpe), lui non l'ha mai saputo. E mi ricordo che è stata una storia d'amore bellissima, piena di colpi di scena, di litigate e riappacificamenti struggenti con colonna sonora e tutto...
Poi però purtroppo l'ho dovuto lasciare tra le lacrime perché andavo in prima media, abitavamo troppo lontani, le cose non sarebbero durate. Ma lui non l'ha mai saputo, nemmeno questo.
E' stato molto bello.

Poi ci sono state le scuole medie. Strano, non mi ricordo nulla delle scuole medie. Strano, vero? Strano. Già.
Comunque, morale della favola, ecco perché non sono romantica, tranne quando chiudo gli occhi e mi permetto di sognare. Lì, nei sogni, non arriva nessun Enrico a dirmi che non c'è posto per me. Nei sogni, per me, c'è sempre posto. E nei sogni ci sono tutte le storie del mondo. E c'è tutto il mio romanticismo.

Giusto l'altro giorno ci ho provato di nuovo, ad essere romantica. Fuori facevano -6 gradi. In braccio gli ho detto: "Sarebbe -6 anche dentro, se tu non ci fossi".
Ha gradito, l'ho visto. Poi mi ha detto: "anche per me". Però non bastava, ché tutto quel sentimento rischiava di, non so cosa si rischiava, ma qualcosa si rischiava, giacché lui ha dovuto aggiungere:

- Poi però io faccio condensa.
- Condensa?
- Sì, per la differenza di temperatura che c'è fuori.
- In che senso?
- Eh, se tu non ci sei, dentro sono -6, ma fuori, con tutte quelle donne che mi girerebbero attorno, sai che calore... e allora si forma la condensa.

C'è che mi fai ridere, è per quello che ti salvi.
Intanto però mi sa che io resto romantica dentro.

10 commenti:

  1. Non so mai cosa scrivere quando trovo un commento e vorrei scrivere un sacco di cose, tipo, che bello che scrivi, che bello che commenti, che bello che grazie. E poi cancello, che scema oh.
    Cacchio, e sì che è casa mia questa! Cioè, capisco quando non riesco a lasciar commenti da altre parti, che sono una timida scema del web (crescerò, proposito per l'anno nuovo), ma qui? Come se tu arrivassi ospite da me e io dopo che ho aperto la porta ti dicessi Ehi, non mi offri neanche un caffè? Eh, cavolo, devo farlo io il caffè qui.
    Allora...
    Metterò su il caffè, giusto per ringraziarti del commento, che fa un gran piacere!
    :-D

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  2. Eh già. Lui aveva 6 anni. Poi, arriva a 56, ed è sempre così. Perché loro, i maschi, restano giovani dentro, e hanno sei anni per l'eternità.

    Non sarà per ispirare il nostro istinto materno, l'unico che ci aiuta in un'altrimenti impossibile forma di tolleranza dell'altra metà del cielo?

    Comunque, su un'altra cosa concordo: quando non sanno che li amiamo, funziona tutto molto, ma molto meglio! ;)

    Buon Natale!

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  3. Quoto Mirco in toto: spettacolare!

    Per me, tra l'altro, Zazie, due scarsi di zucchero, grazie.

    Per altre considerazioni, qui nei commenti, son d'accordo con gli auguri.

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  4. Ok, allora metto su la moka da quattro.
    Van, per lo zucchero serviti pure.
    Si diceva:
    Efigenia, grazie del commento. Io non credo che tutti gli uomini abbiano sei anni per sempre, alcuni arrivano a diciassette e poi si fermano lì, altri ne hanno sessanta appena nascono, alcuni diventano addirittura dei bei maschietti adulti e sanno pure invecchiare bene, per dire, e così via. Ce n'è per tutti i gusti. Credo che sia bene stare con i coetaneti (non necessariamente anagrafici, s'intende).

    In quanto al senso materno, credo che non sarei materna nemmeno con un uomo rimasto orfano. Se non avessi figli o non potessi spargere maternità a secchiate al lavoro (come faccio), mi comprerei un cane, un gatto, un vicino di casa. Ma materna con il mio compagno mai. Come sopporto il mio uomo? Semplice, delle volte non lo sopporto. Capita. Poi lo sopporto di nuovo. E così via. :)

    (Questo post mi ricorda che so ancora così poco di me, figuriamoci se riesco a capire qualcosa dell'universo maschietto. Meglio goderseli e farsi poche domande, mi sa).

    Buon Natale a voi, grazie delle chiacchiere. Se passate ci beviamo un altro caffè!

    :-)

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  5. Ciao!
    Mi sa che sono Enrico... :)

    Complimenti, gran bel post.
    E mettiamoci anche un "Buon Natale", va' :)

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  6. Ahahahaha, Silviotta, beata te, in quanto Enrico avrai fatto girare diverse testoline allora! E grazie del complimento! :)

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  7. Mah... Più che altro, temo di aver fatto girare qualche zebedéo ;)
    Ma ognuno ha la sua natura. L'importante è mantenere un atteggiamento franco come quello di Enrico.
    Anzi, ho deciso: d'ora in poi ciò entrerà nel mio lessico abituale. Una faccenda del tipo "Oh, guarda, mi piaci un sacco. Giuro. Ma io sono Enrico".
    Mi immagino già l'espressione vacua del malcapitato... ;)
    Il complimento è assolutamente meritato e va detto che io non ne faccio molti: bùllatene pure con gli amici, se vuoi ;)

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  8. Ahahha, mi vedo la scena. Più che espressione vacua, temo che lo zebedéo di turno cercherà di spiare sotto la gonna.
    Bùllarmene io? Guarda, ho già fatto un paio di telefonate e l'ho detto a tutti i parenti, qui. :D

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