venerdì 27 agosto 2010

#1 #2 e #3

#1 Un ventunenne

Sono sudata. E' mezzogiorno circa. Ho i capelli raccolti male, sono vestita peggio e ho l'aspirapolvere in mano. Suonano.
Mamma, c'è un signore che vi vuole. Sì, fallo entrare.
Entra quest'uomo. Ha una borsa a tracolla e mi guarda e inizia subito a parlare velocemente, a voce alta mi rovescia addosso le sue parole confuse. Io penso che sono messa come il porco, come il porco, penso, proprio così, come il porco, e penso anche Ma perché questo entra e inizia a parlarmi, mi chiede Come stai signora, parla velocemente e a voce alta però è come se non parlasse con me, mi guarda ma non mi guarda; che diritto ha, questo, di entrare così?
Spengo l'aggeggio e Van dalla cucina gli dice Vieni di qua, vuoi bere qualcosa, avrai caldo. E' più sudato di me. E' mezzogiorno, ci credo che è sudato. Gira per le vie con la sua borsa che dentro ci sono i calzetti, i fazzoletti e le altre robe, me lo ha detto, dopo, che li compra in un negozio, che abita vicino e viene qui a vendere queste robe.

Quando mi urla Come stai signora, io sono sudata fradicia, gli dico, sono sudata. Ecco come sto, sto pulendo e ho l'aspirapolvere in mano e voglio solo finire di pulire, mi chiede dov'è Matteo, ho suonato sotto ma Matteo non c'è. No, non c'è, è in vacanza. E tu non vai in vacanza, signora? Io ci sono già stata, gli dico.
Chi sei? Sorridi e parli forte, ma io lo vedo che non ci sei, che sei nascosto. E' l'imbarazzo. Il mio. E il tuo. Io no, non lo voglio però, questo imbarazzo.

Tu sei entrato qui.

Non ti farò, anche se te lo aspetti, non ti farò quel maledetto sguardo di buonismo ipocrita che ci fa sentire buoni e bravi che ti accogliamo. No, non sei tu, quello lì, e no, non sono io quella lì. Non è il mio sguardo, non è il mio sorriso, non lo avrai, non ci proteggerò, affronterò le nostre verità. Sei entrato qui e adesso facciamo i conti con chi siamo, io e te. Ti stai riparando, e ti capisco, mi dai quello che credi che io voglia vedere, per proteggerci entrambi, forse. Così siamo a posto, mi vendi qualcosa che non mi serve, lo so io e lo sai tu, stiamo tutti al nostro posto, è così che funziona, no? è così che si fa. E' così che stiamo male tutti e due. Quello che adesso mi mostri parlando a voce alta è quello che credi che io voglia vedere, l'etichetta che ti hanno cucito addosso, ogni giorno da quando sei qui, attraverso ogni sguardo che si è attaccato su di te e che tu ci restituisci, l'extracomunitario che vende e che magari non è nemmeno in regola ma che lo si aiuta, magari. No, io adesso voglio vedere chi sei, visto che sei entrato in casa mia, adesso io e te parliamo, e tu mi dici chi sei, da dove vieni, cosa hai passato, un pezzo di te, della tua storia. Se vuoi. E se vuoi io ti dico chi sono e dopo ci parliamo, io e te, vediamo se togliamo queste maschere, io quella del sorriso-ti accolgo-ipocrita e tu quella che ti ripara dall'imbarazzo di un lavoro e di un ruolo che non ti appartiene veramente. Nascondi chi sei perchè qui non interessa a nessuno chi sei, vero? Credi che ti protegga, quella maschera. Magari è così e ti ripari da un incubo, e io adesso ti sto facendo violenza. Perché funziona, è quella che ti abbiamo appioppato noi e noi ti vogliamo vedere così, perché così sembra che faccia meno male.
Invece guarda un po', adesso io e te parliamo come due persone che si vogliono conoscere. Magari. Sei entrato qui. Mi hai chiesto come sto. E tu, come stai.

Fa male, malissimo, ma mai quanto comprare qualcosa per sedare quel male che poi resta chiuso in fondo, sordo, maledetto, che sai che non va bene così, che c'è qualcosa che non quadra.

Siamo in cucina e parlo lenta, ti guardo e penso a cosa devi aver visto e passato, combatto con tutte le mie forze l'imbarazzo mio e tuo, chiusa tra le ginocchia nella sedia di legno alta del figlio più piccolo, cerco me stessa, quella vera, e cerco di restituirtela. Voglio sapere chi sei, voglio vedere la persona dietro quegli occhi velati, ti guardo negli occhi, dritto e non ti proteggo. E non mi proteggo dal mio imbarazzo. Che mi prenda, il tempo disteso della chiacchierata, il tempo lungo di un imbarazzzo che non si scioglie; lo preferisco all'ipocrisia gelida e sicura. Non ci sto, a parlare in superficie. No. E pian piano scende il velo. Il mio. Quello di Van che ci porta un bicchiere di succo d'arancia. E il tuo.

Matteo mi conosce, anche tu, anche tua mamma, sono venuto qui, lui mi conosce ma anche tu mi conosci, ti ricordi di me? Sì, ma sono passati almeno quattro anni. Come ti chiami? Mahdi. Piacere.

Adesso siamo tre persone che parlano in una cucina. Mahdi parla del suo paese di provenienza. Mahdi parla di sè, dei suoi fratelli, uno è ricco, dice lui, vive in Asia, ha 37 anni e una bella famiglia con bambini e tornano ogni tanto a casa. Mahdi parla della situazione politica italiana, della visione italiana che hanno al suo paese guardando la televisione, della corruzione che dilaga lì, della paura della sua gente che non crede possibile che le cose possano cambiare, dei fucili durante le elezioni, della legge del più furbo che ha imparato che solo a far le furbate si dimostra che si è svegli e intelligenti e che si merita il potere e la ricchezza. Se uno ha il potere e non lo sfrutta, perde credibilità, mi capisci? Capisci cosa dico? Se uno va in politica e diventa potente e non gira con la macchina di lusso, e non vive di lusso e non ha tanti ori la villa le ricchezze eccetera, ecco la gente dice che quello non è bravo politico, che è scemo. E anche la gente pensa così, che devi fare così per diventare ricco anche se rubi e sei corrotto, allora sei furbo e forte, capisci? E se non fai così resti povero e non sei stato furbo, non sei bravo.

Eh, credo di capire.
Ma nel tuo paese, nella scuola, l'educazione...

La scuola, ascolta, la scuola nel mio paese è più difficile di qua, e prepara bene. Ma quanto tempo passano i tuoi figli a scuola e quanto a casa? E' una questione di mentalità della mamma e della famiglia. Quella resta. La mentalità, e i bambini passano molto tempo a casa. Non a scuola.

Credo di capire, sì.

C'è una donna, adesso, ministro della sanità, che ha fatto cose grandi. Lei ha fatto un falò di tutta la medicina tarocca, finta, che prima entravi nell'ospedale e te la davano e morivi. Lei ha dato fuoco a tutte queste medicine finte indiane e adesso lei deve girare con la scorta perché la vogliono amazzare, perché quelli che ci guadagnavano, mi capisci cosa dico? Gira con la scorta. E' difficile.
Nel mio paese ci sono posti che stai bene, e puoi girare a mezzanotte e non ti succede niente, e ci sono posti che non puoi, c'è molta violenza. Come qui.

Adesso io ho vinto il ricorso al tar, non mi possono fare niente adesso in Italia, vedi? Io mostro questo foglio che dice che io posso stare, non mi possono mandare via. E' difficile adesso in Italia, non è come si vede alla televisione. Anche gli italiani, è difficile adesso. Spero di trovare un lavoro in fabbrica, è meglio in fabbrica, ho amici con macchina, che riescono a fare una famiglia. Così a vendere non è bello, voglio lasciare questo, di lavoro. Però almeno adesso uno ce l'ho, di lavoro.

Io pago l'affitto. Vado bene, vuole 500 euro e siamo tre. Ma ho amici che gli chiedono 500, o anche gratis scritto sulla carta e poi ne vogliono 700. Perché?

Eh, succede anche con gli italiani, con gli studenti spesso.

E perché voi italiani accettate e non fate niente?

Eh, non lo so.

Ma vedi qua è meglio però. Le tasse anche se c'è la corruzione, le tasse alla fine qualcosa si fa, le strade. Nel mio paese no. Non funziona il sistema delle tasse, come qui. E' tutto corruzione altissima e per le strade, o le scuole, o gli ospedali non si fa niente. Chi è potente è ricco e pensa a sé e tiene le cose così con i fucili, il popolo ha paura. C'è la violenza, in certi posti, le cose non cambiano anche per la mentalità, ma anche per i militari, i fucili, capisci? Chi è ricco e si ammala, via, vola all'estero. Per studiare, via, mandano all'estero. Qui sì, c'è corruzione, vedi, ad esempio in Italia adesso c'è Berlusconi che è del... PD? No, è del PDL. Ah, ecco, c'è la corruzione anche qui ma alla fine le cose un po' ci sono, per la gente. Funziona, un po'. Invece nel mio paese no.
"Nel mio paese no". Intanto penso.

Parliamo, confrontiamo le nostre idee e i nostri paesi, cerchiamo di capire qualcosa in più di noi, del mondo in cui viviamo, del potere, della mentalità, delle contraddizioni, dello schifo che fa l'uomo, delle volte.

Mi sembra che siamo tutti nella stessa barca, ad un certo punto.

Da quanti anni sei qui?
Quattro.
Quanti anni hai?
Ventuno. E voi?
Io ne ho 37, lui 38.
Adesso devo andare perché passa il mio treno.

Vuoi una bottiglia d'acqua?
No, ce l'ho, grazie.
Un po' di frutta?
Sì, grazie, la prendo, la frutta.

Quando passi di qua passa a salutare, se ci siamo.
Ciao, vado perché passa il treno tra poco, ho paura di perderlo.
Vai vai. Ciao e in bocca al lupo per tutto.
Grazie. Anche a voi.

#2 Un diciasettenne

- Il mio problema è che io non li so fare, i temi, non sono mai stato capace.
- Basterebbe leggere.
- Non mi piace leggere.
- Ma ci sarà qualcosa che ti piace.
- Sì, il calcio.
- Allora domani vai in libreria e ti prendi un libro che parla di calcio.
- Eh, sì, ma io non so dove lo trovo.
- Ma come "non so"... vai e chiedi, magari, la biografia di un calciatore che ti piace, e la leggi. Che ne so, anche uno del passato, Pelè! Vuoi che non ci sia un libro su Pelè!?
- Mh, no. Non mi va.
- Hai provato a leggere qualcosa in rete? No so, blog o altro?
- E cosa sono?
- Mh. Allora credo che difficilmente, se non inizi a leggere, migliorerai nel fare i temi.
- Eh, mi sa.
Alza le spalle. Non importa, in fondo, sapere fare i temi.

#3 Un cinquenne

Siamo in spiaggia sedute sull'asciugamano. Io e lei abbiamo passato l'infanzia insieme e adesso siamo qui, a guardare i nostri figli che giocano in riva al mare. Li osservo. Sono bellissimi e penso a quanto siano fortunati, a godersi il mare.

- Era tanto che non lo vedevo. Com'è cresciuto. E' bellissimo.
- Eh sì, abbiamo proprio dei bei bimbi.
- Già.
- Lia, senti: ti racconto cosa mi succede spesso. Quando sono in giro con A. le persone si avvicinano e mi dicono: "ma che bel bambino, signora".
- Non faccio fatica a crederlo, in effetti.
- Sì, solo che poi dicono anche (e succede spesso, eh): "Da dove viene? Perché mia figlia ne vorrebbe uno ma dicono che ci vogliono un sacco di anni per averlo"
- ahahahaha, ma dai! non ci credo, veramente? E tu cosa dici?
- Io dico che ci son voluti nove mesi.
- Ahahahahha! E loro?
- Loro dicono: "Ma come ha fatto? Sono pochissimi!"
- Ahahahahah. Oh mamma!
- E allora io dico: Le gravidanze è così che durano, signora, di solito.
- Ahahhahahaah.

6 commenti:

  1. bellissimo post...so di cosa parli...a parte la storia della gravidanza! XD brava!

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  2. ...poi dicono che nel Café ci si trova spazzatura. bah.

    :)

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  3. stavomeglioquandostavopeggio28 agosto 2010 alle ore 12:26

    veramente veramente bello....e credo di intuire chi sia il #2

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  4. Grazie a tutti, in particolare a Ghiaccio un "grazie" con occhi a stellina :)
    A Stavo: pò esse', sì, che c'hai preso ;)!

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