lunedì 30 agosto 2010

Nella vita la droga non serve

Quando si incontrano, tutte le volte, un abbraccio le raccoglie il tempo necessario a dirsi "Che bello non vedevo l'ora che tu arrivassi ti voglio così bene che non sai, mi sei mancata, ma quanto tempo, tutto bene a casa, sei felice, non riusciamo mai a vederci, sei così magra, ma mangi, tu non mangi, e il lavoro, la vita, le vacche, maledette le vacche sempre tra le palle, sei poi riuscita a estirpare la gramigna dal giardino di tua madre che so che ha fatto più danni lei della coca-cola sgassata".
Eccetera.
Quante cose può contenere un abbraccio, ci si stupisce sempre.

- Vieni, entra. Son contenta che tu sia venuta, avevo proprio bisogno di due chiacchiere con te. Andiamo a sederci nelle sedie immaginarie di paglia in terrazza davanti a queste birre.

Si siedono per terra. Una ha una birra, l'altra un succo. Quella col succo scuote la testa guardando per terra e sospirando lungamente.

- Cosa hai fatto, ciccina?
- Mah, niente. E' un po' che mi struggo, c'è una situazione che, non so bene.
- Ti vedo, cosa c'è?
- Non so se dirtelo, veramente. Un po' mi vergogno, anche se tu non sei il tipo che si mette a giudicare. Magari mi sapresti anche dare un consiglio.
- Dimmi dài
- E' che alla nostra età, non pensavo, sì, insomma...
- Cosa-ti-succede.
- Ok, la faccio breve: mi sono innamorata.
- Cosa?
- Sì.
- Aaaapperò. Non me l'aspettavo. Dì, può capitare anche da sposati. Ma da quanto?
- Eh, è un po'.
- Ma, e tuo marito?
- Non lo sa, ovviamente, ma credo che inizi a capire.
- Senti, può succedere.
- Lo so. Solo che non è una cosa facilissima da gestire, cavolo.
- Immagino. Ma conosco?
- Sì.
- Chi è?
- E qui viene il bello. Passa la birra va'.
- Tieni.
- ...
- Me lo puoi dire o devo strapparmi la camicetta dalla cusiosità?
- Te lo dico, te lo dico. E' che non è facile.
- Ovvio. Vabbè dài, spara...
- Il fatto è che
- che?
- che è una donna. Una donna, capisci?
- COSA?
- Già.
- Una donna? Certo che tu non finisci mai di stupirmi. La cosa prende sfumature interessanti.
- E' strano, sì.
- Ma ti era mai successo?
- No.
- E come.. cioè, ma lei? Le piaci anche tu?
- Credo di sì. Non lo so. E' complicato, dài.
- Eh, insomma, non faccio fatica a crederlo, sì.
- Aspetta, perchè non è finita.
- Cioè?
- C'è un elemento che complica ancora di più le cose.
- Più di così? Oh signore!
- Sì, perché il fatto è che anche mio marito è innamorato di lei. Un casino, guarda.
- Ma cosa cacchio stai dicendo?
- Sì, e non mi guardare con quella faccia. Almeno tu.
- Ma chi è?
- Veramente lo vuoi sapere?
- Eh sì! Hai detto che la conosco. Ma chi è?
- Sono io.
- cosa vuol dire, adesso, io?
- Io, io. Mi sono innamorata di me. Di me. Mi trovo stupenda.
- Scema, sei, no stupenda. Mi prendi per il culo? Ripassami la birra, dai.
- Tieni.
- (ma cretina io che ti ascolto).
- ...
- Lo sai che quello che mi stai dicendo ha un nome, vero?
- Ah sì? E quale?
- PAZZIA
- C'è pillolina che guarisce?
- No.
- Soffro, dài cacchio. Aiutami.
- Ok, siccome i pazzi vanno assecondati, m'han detto, Mi dica, signora: la cosa la sta facendo soffrire molto?
- Sì, moltissimo.
- E perchè?
- E' inutile, adesso, che butti gli occhi al cielo. Guarda che è una cosa serissima.
- Ma certo, capisco.
- Il problema è che sono gelosissima di lei.
- Pure. Brutta bestia, poi, la gelosia.
- Sì. Mi guasta tutto, l'umore, non mi riesco più a godere niente. Tipo l'altro giorno siamo andati a fare un giretto molto romantico. Ad un certo punto lui ha detto: Guarda dove ti porto, che posti ti faccio vedere. Si vede proprio che sei felice.
- Eh eh
- Non ridere. Mi sono incazzata come una bestia. Gli ho detto: Guarda belìn che sono io che la rendo felice, non tu.
- Ah, certo. Immagino la sua faccia.
- E una volta abbiamo fatto l'amore e dopo lui era tutto gajardo e io gli ho detto: "Ciccio, cala la cresta che se lei ne vien fuori felice è merito mio, non tuo. Capito?". Gelosa, gelosa. Non ne esco da 'sta cosa qua.
- Lia, apro un'altra birra, ti dispiace?
- No no, fai. Anzi, aprine una anche per me, valà.
- Brindiamo alla tua salute mentale!
- Dài scema.

F-chisssc. F-chisssc (rumore di birre che si aprono).

- Lia, ascoltami.
- dimmi tutto
- Non è che per caso, oggi, sei andata dal dentista.
- Sì.
- e hai fatto l'anestesia.
- sì.
- Ok, allora facciamo così, tu adesso mi dai la tua la birra e vai a dormire.
- Vaaa bene. Grazie che sei passata, eh.
- Grazie a te delle birre, ciccia. Ci sentiamo più tardi.

Questo dialogo è avvenuto tra me e me e me e l'amica immaginaria di passaggio durante il tragitto dallo studio del dentista a casa mia, subito dopo la cura di una carie.

11 commenti:

  1. ci sono triangoli me ra vi glio si a volte!

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  2. a me piaceva l'amico immaginario di Gualtiero

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  3. (io inizio a fare questo esercizio, mi sa!)

    :-)

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  4. ...i dentisti sanno fare miracoli...in questo senso!!!

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  5. L'amico di Gualtiero, Chiara, piaceva tanto anche a me. Purtroppo ha deciso di andare a signorine. (http://glistupidipensieri.blogspot.com/2010/08/di-tutto-di-piu.html). Magari torna, non si sa mai.

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  6. no veramente ma da chi vai? io l'ultima volta ho avuto solo dolore...non ho visto neanche il vigile (vero) che mi fischiava...

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  7. Credo che l'anestesia sia la stessa. Sarà la reazione con l'Arh+, magari. Ci vorrebbe la risposta di uno scienziato.

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  8. Io nn riesco a non venire in questo Blog. sei davvero eccezionale

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  9. :)))
    (è molto bello sentirselo scrivere. grazie Sara)

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