domenica 1 aprile 2012

cervelli verdi fritti alla fermata del web

A metà marzo, su Internazionale, è uscito questo articolo che mi ha fatto fare alcune riflessioni che riporto qui.

L'idea che la rete e l'accesso libero alle informazioni e alla cultura siano di per sé "autentica democrazia" è ingenua, infantile e fuorviante. Se si ha libero accesso alle informazioni e alla socialità e non si è dotati di spessore culturale e etico per usarle non necessariamente si avrà "autentica democrazia", anzi: se chi le usa è un idiota, può portare alla libera circolazione di demenzialità, superficialità e proiezioni narcisistiche di sé con alto potenziale patogeno e virulento. Alcuni social network sono popolati più da "amici di Maria" narcisi che da persone in grado di trovare e condividere contenuti interessanti, o in grado di criticare e riflettere su opinioni e argomenti vari, nonché capaci di tracciare nuove interessanti narrazioni (sia del presente che storiche, come tracce per un futuro possibile). Articoli complessi e più lunghi di tot caratteri sono spesso (non sempre) liquidati in fretta perché non c'è il tempo di approfondire o capirne il contenuto, non parliamo poi del criticarlo in modo analitico e intelligente, anche costruttivo. Credo che solo una piccola parte di popolo connesso sia in grado di fare operazioni di analisi e sintesi intelligenti. E allora mi chiedo: davvero si pensa che basti il libero accesso perché ci sia democrazia? E mi rispondo di no. Troppa strada deve fare la civiltà del web per dirsi rivoluzionaria. Avere accesso non basta.

Czerski scrive: "Partecipare alla vita culturale per noi è una cosa normale: la cultura globale è alla base della nostra identità e serve a definirci più delle tradizioni, delle narrazioni storiche, dello status sociale, delle genea­logie e perfino della lingua che usiamo. "

Tralasciando il discorso sulle genealogie, sullo status sociale e sulla lingua, possiamo davvero ritenere "identità" qualcosa che si forma prescindendo dalle tradizioni e dalle narrazioni storiche di cui facciamo parte? O meglio: è "identità"? Di che tipo?
Che cos'è la "cultura globale" che Piotr dice essere alla base della sua identità?
A me questa frase (meglio dire slogan?), francamente, spaventa. Sono cresciuta con l'idea -per dirla in soldoni- che il presente sia frutto del passato, nel bene e nel male, e che dal passato costruiamo il futuro anche attraverso la rilettura delle narrazioni storiche, attraverso il superamento degli errori, aggiustamenti, ripensamenti, analisi, fatica; che il presente sia una nuova e originale sintesi delle contraddizioni del passato e che sarà a sua volta la base per un nuovo presente, e così via; ritengo che anche il "progresso" (ma su questa parola ci sarebbe da scriverne a fiumi, forse è meglio dire semplicemente "cambiamento") sia un fattore lineare ottenuto con la continua riformulazione o creazione di nuovi tasselli che si sommano (o sostituiscono) a quelli preesistenti, sia nella scienza, che nella cultura umanistica, che nella riflessione esistenziale fino alle abitudini di comportamento, che altro non sono che le mentalità che guidano la vita quotidiana. Siamo anche quello che siamo stati, pur immersi in un eterno divenire. Che cosa si intende per "cultura globale" alla base della propria identità? Che cos'è? Un continuo scambiarsi bulimicamente contenuti, senza radici alcune?

Il web viene frequentato anche in modo superficiale e senza reale consapevolezza dalle nuove generazioni, spesso disarcionate dalla tradizione, spugne passive del pensiero unico, consumatrici facili da affascinare perché in fondo incapaci di analisi critica e che possono diventare vittime e carnefici insieme, essendo al tempo stesso la malattia e la vittima della malattia. Senza analisi critica, senza lo sforzo del pensiero non c'è "cultura" ma replica. Tanto meno si deve avere l'illusione di una "cultura globale".

(Non so chi siano i "noi" di cui parla questo ragazzo nato nel 1981).

E così succede che c'è chi le informazioni le manovra e le usa a suo scopo, per comandare e manipolare l'altro e arricchirsi, e chi invece non lo può fare perché non ha ( o meglio non ha sviluppato) le adeguate strutture di pensiero.
La "tradizione" può e deve essere tasformata, così come il modo di narrare la storia; può costituire la base sulla quale di volta in volta costruire nuovi significati. Ma non si può prescindere da essa e per farlo ci vuole capacità e impegno. Su cosa ricami, se non hai una tela? Come crei un nuovo pensiero se sei solo un consumatore acritico e deresponsabilizzato di idee e opinioni altrui?

Siamo davvero immersi nell'eterno presente fuori dal tempo e dallo spazio? O è solo l'ennesima illusione pubblicitaria, volta più ad un autoconvincimento di essere portatori di novità storica e noi meglio verso il futuro, voi vecchi ancorati a modelli, ormai inservibili, del passato?
Non avendo avuto la possibilità (o non avendo voluto fare lo sforzo) di formarsi un pensiero pensante critico e creativo, il cittadino comune soccombe, anche il nativo digitale, nella vita reale e nella tv prima e nel web oggi, restando di fatto solo consumatore sedotto, passivo e quindi sostanzialmente schiavo di merci e di opinioni (il copia-incolla di slogan o informazioni come illusione identitaria) seppure con l'ultimo modello di iphone o smartphone in mano.

Una "autentica democrazia" prima si preoccupa di formare i cittadini al pensiero critico, anche attraverso lo studio lineare e storico delle origini, della tradizione e dei processi che li implicano, in un percorso faticoso e difficile di consapevolezza del perché e del come siamo arrivati dove siamo (chiedendo uno sforzo necessario e indispensabile al singolo e alla comunità che impiega soldi e risorse); poi sì, deve permettere libertà d'accesso alla rete e alle informazioni, in una continua mediazione, negoziazione creazione e scambio di significati che divengono allora, così, cultura. E (forse) democrazia.

7 commenti:

  1. Purtroppo forse è più facile farsi dei "totem" che delle idee. Ci abbiamo la religione (non in senso confessionale) nel DNA e dovunque cerchiamo persone o cose da adorare. :)

    Però è bello accendere il pc la domenica mattina e poter leggere una cosa così. Mi sento fortunata. :* <3

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  2. Non so: io non mi sento per niente scandalizzata dall'articolo, e per molti versi sono d'accordo e mi ci ritrovo, anche se la mia generazione è un'altra. Non è che stia cambiando niente, anche se sta cambiando tutto: la natura umana è la stessa. La tradizione è sempre frutto del passato, tranne che adesso non è solo frutto del passato dei nostri nonni ma anche dei nonni di qualcun altro. Per me è una conquista. I media cambiano ma le dinamiche quelle sono. La differenza sta solo nella quantità di contenuti in ballo e nella rapidità di diffusione, ma chi non è dotato di pensiero critico e non elabora tutto questo mare di informazioni esiste adesso come è sempre esistito, anche prima del web. Il fatto che tutto questo possa essere visto come un pericolo anziché un'opportunità dipende dal nostro grado di scetticismo. Io, per dire, rispetto a te sono un'esplosione di ottimismo, perché la prima cosa che vedo sono le potenzialità, la seconda i rischi (che ci sono). Però le nuove generazioni (e intendo i nostri figli, quelli che non conoscono altro mezzo che questo) hanno in mano un tesoro che noi non ci saremmo mai sognati alla loro età. Vanno guidati, certo. Scuola, cultura: per me vogliono dire essenzialmente questo: essere dotati di mezzi per poter esplorare il mondo. Ma la cultura globale non è un male di per sé. Sono convinta che mio figlio a 14 anni conosca molto più di quello che sapevo io alla sua età. E' una conoscenza solo più estesa e quindi più frammentata e che ha bisogno di essere riordinata e approfondita, certo. Però è una base di curiosità molto più vasta di quella che avevamo a disposizione noi e questo secondo me può essere solo un bene. Poi, l'ignoranza resta ignoranza quando non sai cosa fartene dei mezzi che hai a disposizione: ma questo, da che mondo è mondo, non è mai cambiato e mai cambierà. Sarà che son fiduciosa, non so: ma non mi fa così paura, tutto questo

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  3. non fa paura nemmeno a me, anzi. Io dico solo che è un'illusione pensare che si arrivi ad autentica democrazia *solo* perché adesso c'è il web. E poi che non è perché condividi contenuti che hai più cultura. Quella richiede fatica (e temo ci si stia allontanando dalla possibilità di dare questa opportunità ai più). Tutta la mia manfrina voleva dire queste due cose. :)

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  4. spetta che guardo che ore sono adesso. Poi tu cancella pure

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    1. l'orario sballato è nei commenti, vado a vedere

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  5. (e intendo i nostri figli, quelli che non conoscono altro mezzo che questo)

    Ma perché mai i vostri figli «non conoscono altro mezzo che questo»? Mi sembra triste e mi sembra grave.

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  6. Zazie, guarda, potrei controfirmare ogni tua parola.
    C'e' piu' diffusione, ma di COSA e' da vedersi. Chi nell'ambito della informazione e/o ricerca ci lavora lo sa bene: la rete permette di accedere a una marea di dati, ma potenzialmente potrebbero essere anche un enorme mare di sterco. Cosa migliorerebbe una cosa del genere?
    Saper capire, dedurre, comprendere - con i dati a disposizione - non ci fa diventare un popolo che ha piu' democrazia a 'portata di click'. Forse potremmo essere una moltitudine che ha a portata di mano della gran spazzatura.
    Con Google, che sta lentamente facendo diventare il suo operato un monopolio, come facciamo a sapere e sostenere che i dati a cui accediamo sono 'tutti', e non sono controllati? in questo caso, dove starebbe la democrazia?
    Gli uomini sono pur sempre uomini, e anche se gli strumenti cambiano, hanno a disposizione solo il loro cervello;-)

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