Cena. Alla radio, The Who.
Zitti zitti, dici tu, tutte le volte; poi guardi verso l'alto, sospiri. Poi generalmente citi qualcuno o qualche evento o aneddoti vari. Mai gli stessi. E io, tutte le volte, ti guardo ammirata e mi godo il tuo racconto sapendo già che tanto poi non mi ricorderò che qualche passaggio. E il bassista, che è... Che è... (torni a chiedermi)... CHE E'...
Tutte le volte lo fai. Tutte le volte io sparo il primo nome che mi viene in mente, che è sempre Pete Townshend. Tu chiudi gli occhi, triste come se ti avessero detto che è morto tuo nonno, e scuoti il capo. E io, tutte le volte, resto imbambolata a guardarti come quando a dodici anni a scuola mi interrogavano e io, che intanto stavo pensando a CandyCandy, mi sentivo come se mi stessero svegliando con una tromba dritta nelle orecchie. Due occhi così, sguardo fisso e inebetito al quale segue leggero piegamento del capo, aria da cerbiatto in cerca di perdono.
Tu, come al solito, scuoti la testa in segno di rassegnazione.
Adesso basta! Non è possibile che tutte le volte io mi debba sentire così. Quindi ho agito.
E ho fatto questo.
Studio amore, promesso.
I prosciutti
18 ore fa
Ops! Non lo sapevo.
RispondiEliminaD'ora in poi mi limiterò alla parte gradevole - a raccontare - promesso, amore :).
Il Marito
Io facevo la stessa cosa con Flavio. Lo interrogavo. Ora distingue correttamente Lou Reed da Leonard Cohen, son soddisfazioni.
RispondiEliminaIo non so se darò mai soddisfazioni tali. Giuro che mi applico, mi applico e più mi applico più mi appiccico all'ansia da prestazione e poi ne viene fuori un pastrocchio tale che l'ho visto più volte scavalcare la terrazza per il fatale gesto. Ma tanto è basso il terrazzo. E' tutta scena. Lui non demorde e io gli sono grata di questo.
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