Famiglia a norma, anzi, volevo dire normale; interno giorno. Marta e Gianni sono ancora a tavola anche se hanno finito da un pezzo di mangiare.
E' domenica. Entra in cucina il figlio grande. Ha diciassette anni, fa la quarta liceo ma non studia da settembre. Si è innamorato, pensa Marta. Non ha voglia di fare un cazzo, pensa Gianni.
- Esco, ciao.
- Dove vai?
- A fare un giro. Ci vediamo più tardi.
- Alle sette a casa.
- Mh, non so. vedrò.
- Cosa vedrò? Tu alle sette sei a casa.
- E perché? perchè lo decidi tu?
- Dai, non fare l'idiota, alle sette e mezza mangiamo, come sempre, e tu torni.
- No.
- Sì.
- No.
Marta e Gianni avevano sempre dato poche regole ai figli, poche ma chiare; solo che lui, già a quattro anni, era uno di quei bambini cosiddetti dal carattere forte, pensava Marta. Una testa di cazzo, pensava Gianni.
Alla fine, crescendo, il soggettino aveva capito che in fondo le regole erano necessarie, gli avevano dato sicurezza, nel tempo.
Lavarsi i denti ogni sera gli aveva risparmato suon di carie e trapanate nei denti, per dire. E lo sapeva.
Ma adesso non ne poteva più delle regole. Strette, gli stavano strette.
- Tu torni alle sette e basta.
- E chi lo dice?
- Lo dico io.
- Capirai.
- Capirai cosa? E poi devi finire i compiti.
- Non mi va. Domani sto a casa da scuola.
- No, tu torni, finisci di studiare e domani vai a scuola.
- No.
- Sì.
- Senti papà, ma a te cosa ti è servito studiare, me lo dici? Che sei laureato e sei precario? E i tuoi valori? Rispetto delle regole? Giustizia? Ma fammi il piacere, dai. Ma aggiornati. Vince il più ricco, e basta. Non servono né i valori né lo studio. E adesso, se permetti, me ne vado. Ciao. Ci si vede più tardi.
- VIENI QUI T'HO DETTO; NON ANDARE VIA COSI'!
Gianni si alza e segue il figlio che è già fuori, guarda suo padre con il sorrisetto e, uscendo, chiude la porta tirandosela lentamente dietro, e Clic, dice. Non la sbatte, la porta. Non si può sbattere la porta. Clic, dice, chiudendosela lentamente dietro, senza lasciare lo sguardo del padre fino all'ultimo. Il soggettino.
Gianni è talmente in cima che se potesse lo strozzerebbe, c'ha una voglia di prenderlo a calci nel culo che non lo sa cosa lo trattiene, ma si trattiene e torna in cucina. Marta è seduta, ha una forchetta in mano e gioca con un'oliva.
Si guardano. Marta ha gli occhi pieni e lui la guarda dritta e le punta il dito contro. Lei sa cosa vuol dire quel dito: vuol dire non ci provare neanche a piangere, che abbiamo passato cose peggiori, passiamo anche questa. Lo sai, come va; poi stasera gli parlo e si calma.
Questo vuol dire quel dito. Lui lo sa prendere, al grande. Stasera gli parla, si sistema tutto.
Marta si alza. Va verso il lavello, deve lavare i piatti. Apre il rubinetto, l'acqua privata esce, quella calda mischiata e quella fredda, e a guardare tutta quella libertà che ha l'acqua, di uscirsene da lì, veloce, le lacrime, Marta, non le trattiene più. Escono, le lacrime, anche loro libere. Ma non c'è pianto. Escono e basta, le rigano la faccia. Sono miscelate anche loro, calde e fredde, come l'acqua privata del rubinetto.
E sono tutte mie. Mie. Tutte mie. Queste, vivalamadonna, pensa Marta, sono mie e non me le porta via nessuno.
Una bella dedica
11 ore fa
Un amico mi ha inviato il tuo racconto che ho trovato molto carino ed attuale. Dopo averlo letto ho risposto al mio amico con un commento lunghissimo poichè, la storia che tu racconti, mi ha fornito tanti spunti di rifelssione. Ho visto poi che era possibile condividere il tuo racconto sul mio profilo del fb ed allora l'ho pubblicato inserendo di seguito il mio commento.
RispondiEliminaAugurandomi che la cosa non ti dispiaccia, volevo ringraziarti ed invitarti, se ti va, a leggerlo.
M.Cristina Valeri
Grazie a te! Sono molto felice (e anche lusingata) che tu abbia condiviso il mio racconto. Che le cose che scrivo possano fornire spunti di riflessione, mi fa un piacere enorme. Leggerò con curiosità il tuo commento. Procedo subito! :)
RispondiEliminaParole per tempi che corrono.
RispondiEliminaBellissime, tra l'altro.
Complimenti, tanti.
Ma che meraviglia!!!!!!!!!!!!
RispondiEliminaTantissimi complimenti, davvero.
ps: ho figli anch'io...
Veronica
ehm... ogni riferimento a fatti o mariti realmente esistenti è puramente casuale? :-DDD
RispondiEliminasei riuscita a rendere perfettamente il senso di magone che mi prende quando qualcuno mi punta il dito...la prossima volta glielo spezzo altro che ricacciare le lacrime!
RispondiElimina@ ed: giuro che Marta e Gianni sono due persone inventate (capitolo uno: "Buono Natale", dicembre). Difficile dire quanto ci sia di mio e di Van, il confine è labile, ovvio. Però, tipo, succedesse a me, che mi fa Clic, lo rincorro finchè lo prendo, e quando lo prendo... (oddio però, non so mica, in realtà. Finché non ti ci trovi, come fai a saperlo?). Ma non siamo noi. Di sicuro il figlio in questione è inventato, i nostri sono ancora piccolini e nessuno dei due ha un carattere come il figlio di Marta e Gianni. (Per ora almeno...).
RispondiEliminaE grazie a tutti dei complimenti e dei commenti!
:)
lo ben so, lo ben so.
RispondiEliminase si dovesse prendere per vero quello che si scrive, uscirebbe fuori che per davvero faccio sesso con mio nonno. al limite ci scambiamo qualche bacio.
amaro. intimo. belissimo. mi viene la disperazione a pensare che "perdere i veri modelli di vita" non è un sintomo ciclico generazionale... è il malessere di (solo) oggi.
RispondiElimina...." l'acqua PRIVATA esce..." è meraviglioso quanto amaro.
RispondiEliminacomplimenti per il racconto!
Luca.
Ti punto un dito contro. Di apprezzamento privato, eh.
RispondiEliminao
Proprio bello, Lia...complimenti davvero!
RispondiEliminaNon aggiungo altro perché mi sto puntando un dito addosso, ma mi è piaciuto davvero!
Proprio bello, Lia...complimenti davvero!
RispondiEliminaNon aggiungo altro perché mi sto puntando un dito addosso, ma mi è piaciuto davvero!