I sondaggi continuano a dire che il trenta per cento dei votanti danno la loro preferenza a lui, che il pdl è il partito dominante. Lasciamo perdere per adesso che se ha la fiducia è perché compra. Io continuo a pensare a quel trenta per cento. Nonostante tutto. Sono tanti, sono tantissimi, anche se comunque significa che i due terzi non lo vota (o lo tiene alleato come "boccone amaro"). Ma dove sono questi qui? Il trenta per cento vuol dire che se io entro in una carrozza del treno e chiedo Chi vota il pdl?, ecco, se siamo circa cento, trenta persone a occhio e croce dovrebbero, se non si vergognano, dire Io. Sono tantissimi.
Il fatto è che è un po' di tempo che mi chiedo perché continuino a votarlo, a credere in lui. E a crederci con tanta passione, trasporto, aggressività e rabbia, talvolta. Salvo poi, intervistati, dimostrare in realtà molta ignoranza rispetto alle cose realmente fatte in politica in questi due/tre anni di legislatura. Ma non è il punto, non sono qui a dire che sono ignoranti.
Ieri, in biblioteca (dovrebbero fare più attenzione a tutta questa libertà che abbiamo di prendere libri in prestito, studiare, mettere in relazione) avevo contemporaneamente sotto mano testi di antropologia e di letteratura per l'infanzia. Leggi qua, leggi là, ad un certo punto mi capita sott'occhio questo pezzo qui:
"Sarà possibile, nell'illusione della finzione, identificarci con più eroi, vivere più storie, ripetere l'esistenza in varie forme e uscirne tutti interi. [...] la fiaba assegna soprattutto agli ultimi e ai diseredati il ruolo di protagonisti desideranti, ad essi auspicano, nell'identificazione narrativa e grazie al meraviglioso, di poter ribaltare il proprio destino, l'identificazione può realizzarsi a pieno consentendo un cammino accanto all'eroe, segnato da incredibili sforzi che, quasi sempre, saranno ricompensati"
(Milena Bernardi, Infanzia e fiaba, Bonomi University Press,Bologna 2007)
Ah, ho pensato.
Poi ho pensato che prima della tv, il popolo si tramandava oralmente leggende e racconti nei quali consciamente e inconsciamente ci si dava spazio per l'Altrove, nelle quali si dava spazio per le zone censurate, nel quale si "credere senza credere veramente", veicolo di fuga, di evasione, di visionarietà.
Poi ho pensato che, contemporaneamente all'epoca della tv, che pian piano ha sostituito il racconto orale davanti al focolare, è successo che la società occidentale è diventata ricca e contemporaneamente ha conosciuto un vuoto di valori e una crisi esistenziale di cui si riempiono le pagine nelle analisi della società post contemporanea.
Poi ho pensato che la tv e la fiction si sono impossessate del nostro quotidiano, in un movimento di apparente appagamento di quel nostro bisogno ancestrale del meraviglioso, di identificazione senza pericoli, di "poterne uscire tutti interi". Perché abbiamo comunque sempre bisogno di storie.
E poi ho messo in relazione.
Nel vuoto di storie, nel vuoto di valori di oggi, nel buio di esistenze vuote riempite senza appagamento dal consumo, la fiction fa breccia, trova spazio nel terrore dell'essere soli e indifesi di fronte all'angoscia del vuoto interiore.
La fiction più grande di tutte, ora al potere, ha trovato il suo eroe; e se io però mi identifico con quell'eroe facendo entrare l'Altrove pericolosamente nel mio reale (secondo movimento: al grande fratello può andare chiunque, e nell'isola anche, per dire), allora vivo nel reale dentro l'illusione di poter "ribaltare il mio destino", e succede che "l'identificazione può realizzarsi a pieno consentendo un cammino accanto all'eroe, segnato da incredibili sforzi che, quasi sempre, saranno ricompensati". E infatti, guarda caso, l'eroe deve sempre sconfiggere dei grandissimi nemici che gli si parano davanti. La sua fiction compensa e riempie un vuoto a chi segue le sue peripezie.
Poi ho pensato che quel trenta per cento non può essere composto tutto da matti, o tutto da complici, o da chi ne trae interessi economici, sebbene questi ci siano, dentro quel trenta per cento. E gli altri?
Una parte, forse, è sotto incantesimo. E se è così come fa, adesso, a non credere più nel suo eroe, se con lui si è identificato? Come fa, adesso, a uscire da quell'incantesimo senza bruciare vivo, dentro? Come fa senza crollare? Se rinuncia, se vede, se esce dall'incantesimo, crolla una parte fondamentale della propria identità, crolla l'Io, crolla tutto. Ed è un casino profondo, dentro. Ecco la rabbia quando lo difendono.
In realtà, nel profondo, è paura.
***
Ecco, faccio studi incrociati e metto in relazione. Magari non è così, magari non ne so abbastanza e sto facendo un pastrocchio, nel caso mi scuso con chi ne sa di più e meglio, in fondo sono agli inizi di questo percorso di ricerca che è difficile e tocca temi molto complessi che non voglio banalizzare o peggio non capire bene. Condivido solo un'intuizione. Ancora acerba. E poi magari c'è chi l'ha detto meglio prima di me.
I prosciutti
2 ore fa
Bel post. Prova a rispondere a una domanda che anch'io mi faccio da così tanto tempo; e forse ci riesce anche.
RispondiEliminaCome sempre c'è una profondità immensa, vera, nel tuo raccontare leggero...grazie Lia per la tua "voce" che condivido.
RispondiEliminasecondo me l'incantesimo può essere una risposta. In effetti la capacità di affabulare incanta quelli che han bisogno di essere incantati. La fascinazione in questo caso c'è, è innegabile. Vabbè, io non la provo, ma so che esiste
RispondiEliminaPost molto interessante. ;)
RispondiEliminaUn'anno fa, quando è stato colpito da Tartaglia, iniziai a pensare, per la prima volta, che lui ha reso l'ultima parte della sua vita una fiction.
L'ho realizzato nel preciso instante in cui entrato dentro la macchina - qualunque persona normale avrebbe detto all'autista: parti portami in ospedale cazzo! - lui ha voluto tornare indietro, uscire fuori e farsi vedere, fotografare, sembrava proprio un film, una fiction.
Io credo che la parte sotto l'incantesimo, di cui parli - se è così come dici - non uscirà dalla "magia". Semplicemente, arrivato il momento, cambierà eroe, cambierà soggetto, personaggio o aspirazione pur di restare stregata.
Sarebbe curioso soffermarsi pure su quel che succederà all'eroe caduto :D
Infatti, sappiamo tutti come alla gente - specie in Italia - piaccia mettere alla gogna gli eroi caduti. Vedi un po' Musolini.
Il fatto è - pensavo l'altro giorno - che se Benito è stato messo alla gogna coi suoi propri strumenti, appeso testa in giù e ricevuto manganellate, seguendo la legge del contrappasso, a lui aspetterà una cosa simile adatta ai tempi. Forse verrà messo ad una gogna mediatica, o forse la stiamo presenziando adesso.
Io do ragione al prof morte quando ha scritto sul forum che ci sarà un voltagabbana incredibile. E penso che quando quel giorno arriverà, l'eroe caduto riceverà ciò che ha seminato(forse, si spera).
Saluti!
Keteremillpario
"Io do ragione al prof morte quando ha scritto sul forum che ci sarà un voltagabbana incredibile. E penso che quando quel giorno arriverà, l'eroe caduto riceverà ciò che ha seminato(forse, si spera)." Keteremillpario
RispondiEliminaVero ma alla fine dei conti il problema non è tanto quello che "il nostro eroe" riceverà quando anche quel 30% uscirà dal sogno quanto il fatto che saremo sempre a combattere con quei tangheri che passano amabilmente da una fola all'altra facendo danno a se stessi e al loro prossimo ma dubito potremo farci qualcosa...
Il bisogno di incanto esiste per tutti. Il problema nasce se c'è confusione tra l'Altrove e il reale, e il pericolo è se l'Altrove entra prepotentemente nel reale prendendo il suo posto (l'incanto negativo). Cambieranno eroe e cambierenno soggetto, verissimo. L'altra riflessione che faccio è questa: abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci racconti una storia in cui identificarci, creando eroi e poi colpevoli? Il cambiamento profondo, forse, risiede proprio in questa cosa qua: smetterla di sentirsi globalmente vittime di questo o quel possessore dei mezzi di informazione (per dirne una), bensì iniziare ad essere responsabili delle nostre scelte e delle nostre azioni, fin nel quotidiano. Comprese quelle di studiare, leggere, aprire la mente, informarsi, PENSARE ("l'uomo ha un difetto, può pensare", diceva Bertold Brecht al generale). Non mi interessa la caduta dell'eroe, anche se è possibile che succeda quella legge del contrappasso di cui parla Keteremillpario. Chi lo sa. Se poi viene sostituito da un altro, però, siamo da capo. Allora forse è il caso di smettere di avere eroi (in politica per lo meno). E mettere l'Altrove al suo posto, nella fiaba, a soddisfare il nostro bisogno di meraviglioso, dove è permesso tutto ciò che nella realtà è censurato e censurabile, per il patto sociale. Questa forse è l'uscita dall'incantesimo e l'inizio di una nuovo corso. Forse. :)
RispondiEliminaanche perché è molto più facile delegare, che pensare. Ma gli esiti sono sotto gli occhi di tutti.
RispondiEliminaAvete ragione. Ora sto pensando che probabilmente le cose che ho scritto, derivano da una sorta di pessimismo inconscio. Infatti, se mi soffermo per pensare a quel che capiterà all'eroe caduto, lo faccio per soddisfare un bisogno forse morboso e nient'altro :D
RispondiEliminaMA, sopratutto, perché do per scontato, e quindi mi arrendo, all'idea che quel 30% possa uscire dall'incantesimo.
Le conseguenze, come dici, si vedono e come.
A livello sociale è un grosso difetto come fa notare Angela. A livello personale, etico non ne parliamo. Il quesito più importante resta questo:
"abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci racconti una storia in cui identificarci, creando eroi e poi colpevoli?"
Io temo di sì, non tutti. Noi che stiamo discutendo qui evidentemente non ne abbiamo bisogno, per lo meno non in politica. Ma quel 30%, che quando si avvicinano le elezioni diventa più grosso, sì.
Però, non lo so, la storia è ciclica... spesso, dopo la caduta di un regime o di una fase molto critica, nella società si risveglia una coscienza sociale e vengono generate cose molto utili ai posteri. Esempio: la costituzione.
tutto questo, sottinteso, secondo me :)
"Il cambiamento profondo, forse, risiede proprio in questa cosa qua: smetterla di sentirsi globalmente vittime di questo o quel possessore dei mezzi di informazione (per dirne una), bensì iniziare ad essere responsabili delle nostre scelte e delle nostre azioni, fin nel quotidiano." (Lia)
RispondiElimina"abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci racconti una storia in cui identificarci, creando eroi e poi colpevoli?"
Io temo di sì, non tutti. (Kete)
Mi sa che il problema più grave alla fine sia che "crescere" costa fatica e c'è tanta gente refrattaria... :)
Ho come l'impressione che saranno gli stessi che ora lo adorano, a diventare i suoi primi carnefici (il voltagabbana di cui parla il prof morte, sì). La pigrizia del pensiero crea mostri, gente che poi prende in mano la forca e uccide colui che vede con occhi nuovi come il nemico. La storia si ripete, e si ripetono anche gli errori. Ecco perché mi interrogo sui "come" della storia, per cercare di trovare una strada diversa. Alla fine deve essere sempre la brabarie e la violenza? Io credo di no. E' questo che spero che cambi, ma non succederà finché c'è la delega e la pigrizia della mente. Intanto però qui in rete si muove Pensiero, e ciò è straordinario e mi fa avere speranza. Ci sono sempre tempi bui. Adesso abbiamo la rete, si tratta di far circolare le idee. Qualcosa cambia di sicuro. Sta a noi, gente.
RispondiEliminahttp://www.filosofia.it/argomenti/g-debord-la-societa-dello-spettacolo
RispondiEliminaTu hai considerato il 30% su un treno di persone che è andato a votare, ma non tutti gli aventi diritto al voto hanno votato. Non è un campione rappresentativo quello che hai indicato. A voler essere molto generosi, si può affermare che sul treno c'è il 30% di un 60% di elettori che avevano diritto al voto e sono andati a votare, quindi che l'attuale Governo rappresenti per eccesso il 18% degli italiani aventi diritto al voto. Se su quel treno di cento passeggeri se ne alzano dieci è ancora una visione ottimistica. Però, c'è una questione ancora più macroscopica delle percentuali e cioè che su nessuna scheda elettorale c'era il nome di un politico della coalizione, ma dei simboli. Questo vuol dire che chiunque oggi stia seduto sulle poltrone del Parlamento, non è lì perchè è stato scelto dagli elettori, ma perchè ce lo ha messo un altro politico.
RispondiEliminaDa una vita dico (e sento dire) che B. e` un "affabulatore", ma prima di leggere queste riflessioni non avevo mai realizzato fino a che punto questa cosa sia vera e importante. Tra l'altro, molte storie (e in particolare tutte le fiabe) nascondono sempre una serie di "codici di comportamento" consigliati, del tipo fai attenzione all'affascinante signora che ti offre la mela e non prendere per oro colato le promesse della coppia di felini che ti vuol rendere ricco e famoso. La fiaba berlusconiana e` all'opposto: il tuo sogno si puo` realizzare se lasci perdere le critiche complesse, le "sterili discussioni", e ti abbandoni al vincente. Ed e` questa, forse, la cosa che piu` mi impaurisce.
RispondiEliminaManina Futura: hai perfettamente ragione in entrambe le cose (quel 30 in realtà è moooolto minore e il porcellum è il porcellum), le condivido e il "trenta per cento" della carrozza del treno è una voluta provocazione: però i famosi sondaggi continuano a ribadirlo, vedi un po'. Ottocazzi: sì. Solo che quella di B. non è una fiaba, è una fiction. La riflessione è ancora aperta, ovviamente. Sto elaborando, e intanto grazie davvero :)
RispondiEliminaInfatti i sondaggi nelle bocche dei politici non sono la verità, ma uno strumento per avvalorare delle bugie.
RispondiElimina(Mi piacciono i tuoi "stupidi pensieri")
o me la spiego così.
RispondiEliminaL'uomo è un animale gregario con l'aggravante di una mente complessa (capace anche di trascendenza) ma legata all'evoluzione della specie non di meno d'una mano o di un polmone.
Essere gregario vuol dire che strutturalmente deleghiamo una scelta al capo(branco). In termini di sopravvivenza è una scelta efficace: sapere quale sia la migliore direzione nella quale fuggire senza dover analizzare punto per punto il percorso, consente al branco maggiori possibilità.
Basta seguire il dominante, che è stato selezionato dando prova di prestanza e doti varie (anche a cornate non vince il più muscoloso).
L'uomo funziona così. Specie se messo in crisi (pericolo, paura) tende ad affidarsi. Se il dominante è furbo (e questa, per i Sapiens, è la massima dote) terrà sotto tensione il branco, che non potrà far altro che seguirlo con più convinzione.
La mente aiuta e non aiuta.
Da un lato, il nostro individualismo ci spinge a criticare il dominante e vederne, segnalarne i difetti e i limiti, etologicamente per prenderne il posto (anche per preposta persona). Dall'altro però, nel corso dell'evoluzione siamo stati predisposti per la coerenza. Bello sarebbe se fosse forte uguale la capacità di riconoscere gli errori. Invece, resta più forte la coerenza che comporta, come effetto collaterale, la dissonanza cognitiva, ovvero la capacità di scatenare la fantasia per aggiustare un'evidente condizione negativa tramite una 'ragione irrazionale'.
Abbiamo così un elettore di Berlusconi che lo ha cercato per difendere la morale dagli amorali (senzadiocomunistifroci), che assiste allo scempio e che è incapace di dire "Ho sbagliato!" (ricordate Fonzie?), quindi si aggrappa a 'motivazioni' come "Se però vanno su quegli altri è peggio perché fanno adottare i bambini dai ghei che sono dei pedofili e aumentano anche le tasse".
Risparmio cognitivo + Gregarismo + Coerenza + Dissonanza.
Flèp66
A Flèp66: sì, hai descritto molto bene quello che da più di un secolo le varie "logie" delineano essere il funzionamento biologico, psicologico e sociale dell'uomo sapiens sapiens. E in effetti io lo vedo a scuola con i bambini e le loro dinamiche di gruppo: a tre anni si azzuffano più o meno tutti contro tutti e solo verso i cinque anni si aggiustano per gradi e riescono, tramite la parola e senza cavarsi un occhio, certo anche grazie alla nostra mediazione (non è una situazione da "stato di natura"), a trovare modi di stare assieme; e sempre avviene la lotta per decidere chi è il leader. E' per la sopravvivenza ed è innato nel gruppo.
RispondiEliminaE a ben vedere la storia dell'uomo sapiens sapiens svela le stesse dinamiche di fondo. Quindi non siamo diversi da chi ci ha preceduto: erano i miti, sono state le leggende, le fiabe e la fiction (semplificazione brutale, perdonatemi), ma allora resta vero che "abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci racconti una storia in cui identificarci, creando eroi e poi colpevoli", abbiamo bisogno di un leader a cui delegare per la sopravvivenza, con una conseguente deresponsabilizzazione individuale. Funzioniamo così, abbiamo quindi questo "limite".
"Bello sarebbe se fosse forte uguale la capacità di riconoscere gli errori. Invece, resta più forte la coerenza che comporta, come effetto collaterale, la dissonanza cognitiva, ovvero la capacità di scatenare la fantasia per aggiustare un'evidente condizione negativa tramite una 'ragione irrazionale' ". Flèpp66
"Tanto l'uva è acerba", infatti. Una descrizione che non fa una piega.
Allora a questo punto voglio provare ad andare avanti e la domanda che mi faccio è: funzionerà davvero sempre per la sopravvivenza della nostra spiecie? Siamo sopravvissuti finora, in effetti (con qualche contraccolpino, ma insomma... siamo qui). Ma saremo per sempre dominati dalla dinamica "gregario-capo branco"? Funzionerà sempre così?
La mia domanda "sulle storie in cui credere", alla fine, si riduce a questa (grazie a Flèpp per la riflessione, hai alzato di molto il livello).
Oppure un giorno (tento una via d'uscita), nasceranno individui con un particolare errore genetico nel cervello che sarà mantenuto perché si rivelerà utile per un migliore adattamento all'ambiente, e allora l'uomo sapiens sapiens evolve. Non ho abbastanza immaginazione per vedere i possibili sviluppi della nuova specie. Però sarebbe interessante, no?
Eh, l'evoluzione non mira al meglio ma alla necessità. Se non sei adatto non sopravvivi anche se sei bellissimo e simpaticissimo e bravissimo: la regola è semplice. Non è che il Tutto si faccia delle congetture e progetti un Homo Superior come 'upgrade' del Sapiens (su quanti sapiens mettere, chiedi a Smeriglia). Sviluppare il lobo frontale è stata una strategia vincente, siamo qui, come dici, ma non vuol dire che valga per sempre. I dinosauri erano perfetti per i loro tempi e son durati un bel po', poi le stesse caratteristiche che li han favoriti li hanno messi fuori gara, e oggi rosicano riempiendoci di guano le auto parcheggiate. Noi stiamo usando la mente apparentemente a pieno regime soddisfacendo la pancia, che sazia non è mai, e che a breve (io confido e spero) ci vedrà estinti, ben prima di ogni nuova versione.
RispondiEliminaLa stessa idea, poi, che dal peggio possa venire il meglio, così come progresso voglia dire tendere al bene, è abbastanza ingenua. Come quando si immagina di produrre un'intelligenza artificiale più 'intelligente' dell'uomo che l'ha messa assieme. Costui (l'artefice) avrebbe puntato a un'idea di 'meglio' difettosa in sé poiché proveniente dai suoi limiti, quelli che vorrebbe superare.
Con un discorso così, però, si fa troppa accademia e non è di moda.
Senza evocare evoluzioni della specie, basta e avanza osservare che ambiti culturali 'nazionali' diversi reagiscono diversamente e producono eventi diversi, eventi che costituiscono l'argomento di questo post.
Si riconosce un modo tedesco, uno americano, uno indiano e (ahinoi) uno italiano di affrontare la vita e le sue vicende, e questo è dovuto all'ambito sociale e culturale nel quale si vive (una micro-evoluzione). Insomma, dipende soprattutto da quello che voi insegnanti INCULCATE nei giovani. Il problema è che alla voce 'voi insegnanti' possono essere inscritti anche quelli di religione, la televisione, ecc.
Flèp66
"chiedi a Smeriglia" m'ha fatto ridere, l'ho letto ieri :D
RispondiElimina"La stessa idea, poi, che dal peggio possa venire il meglio, così come progresso voglia dire tendere al bene, è abbastanza ingenua". Verissimo. Poi andrebbe indagato che significa "bene", e allora scriviamo in trattato! :)
Si sta parlando anche per massimi sistemi, sì, ma quanto è bello scomodarli? Spesso mi sono detta che per come la penso io, non sono per niente adatta a questo ambiente e quelli come me potrebbero non avere le risorse finanziarie per sopravvivere bene (se mancano i soldi non accendi il riscaldamento, non mangi in modo adeguato eccetera. Le idee non nutrono il corpo né scaldano casa), né far sopravvivere la prole. Sono e sarò sempre un'insegnante a mille euro al mese, ne so a pacchi, a mille euro al mese ;) Però dentro, almeno, mi sento piena e trovo nicchie di felicità tutte mie.
Ci estingueremo? mah. Sopravviveranno i più adatti. Porci ladri e prostitute ricchissimi. Ok dai, stupidate a parte la perfezione del mondo è nel suo essere imperfetto, pieno di contraddizioni, di lotte, di barbarie ma anche di cose straordinarie come la capacità di commuoversi (muoversi verso). Altrimenti (me la racconto così), sai che noia? E poi che senso avrebbe esistere, se non si tende verso? Per non cadere nel nichilismo, resisto e creo (la creatività è uno dei miei rifugi). Il mio "agire" (perché spesso si dice che in rete si muovono opinioni, ma poi ciccia) è nel cercare vivere in coerenza con quello che in un dato momento ritengo giusto e di avere una mente il più possibile elastica. Certe cose fanno rabbia (torno alla politica italiana e agli italiani in generale), ma cerco di sostituirla con la ricerca di senso (questo, dice Bettelheim, lo salvò psicologicamente dall'esperienza del campo di concentramento) e con lo sguardo rivolto verso certi esseri umani che trovo splendidi. Altrimenti rischio di cadere o nella complicità verso certi comportamenti (si deve sopravvivere) o verso la disperazione. Dal macro, i massimi sistemi, al micro, la quotidianità. Ad esempio, io non inculco :)
Ciascuno fa quel che può nei limiti della propria convinzione e delle proprie vicende.
RispondiEliminaQuesto è il fondamento della compassione (e della commozione) che è forse l'esercizio più grande dell'uomo (nella sua consapevolezza della condizione umana, di gettatezza, di costrizione all'esserci).
Il mio omonimo (S.Filippo Neri) usava dire "State buoni, se potete", frase che nella sua apparente banalità contiene un'immane verità.
Si può applicare anche a coloro che detestiamo (perdona questo mio associarci), che uno 'spirito famelico' non può presentarsi diverso da come fa, sempre famelico sarà. Al più potrà contare nel prossimo giro di giostra (per citare Terzani ma anche Chinaski77-dei-bei-tempi-che-non-sono-più e la pistolina d'argento del suo DalaiLama) e forse la karuna (la compassione buddhista) starebbe nel piantargli una pallottola in fronte e assumersi con responsabilità gli esiti terreni e karmici. :)
Ma anche questa, per citarmi (!) ancora una volta sarebbe 'tutta vanità, solo vanità'.
Flèp66
Eh che dire cara, lo dici egregiamente tu nel post. Abbiamo bisogno di figure di riferimento. Quando poi le figure di riferimento padroneggiano e giganteggiano e riescono a sovrastare quelle degli altri - non per chissà quale merito, ma semplicemente perché possono comprarsi tutti gli spazi - ecco che succedono i disatri. Noi non ci stiamo rendendo conto che questo signore sta usando il Parlamento, che è la sede della vita democratica di ogni paese, per i suoi problemi con la giustizia. Stiamo concedendo giorno per giorno pezzetti di sovranità...ma già solo questo non dovrebbe indignarci? Ma lo hanno votato per risolvere i problemi di questo paese (sì, vabbeh) o i suoi?
RispondiEliminaFlépp66, condivido. "...che uno 'spirito famelico' non può presentarsi diverso da come fa, sempre famelico sarà". Pensa che una volta ho scritto, qui, che più che il lupo, a me sta sulle balle cappuccetto rosso.
RispondiEliminaMarcello, chettelodicoaffa'. E' sotto gli occhi di tutti. Per l'appunto, mi chiedo e ragiono con voi.
Lo cercherò. Cappuccetto rosso è veramente una stronza, ma almeno Perrault l'accoppa come giusto esito (esattamente come il lupo, che, in quanto lupo, rappresenta cmq un pericolo e come tale da eliminare) della sua leggerezza.
RispondiEliminaAnche se la morale è di natura moralistica, prima che etica, si può solo ricordare la chiosa:
«Da questa storia si impara che i bambini, e specialmente le giovanette carine, cortesi e di buona famiglia, fanno molto male a dare ascolto agli sconosciuti; e non è cosa strana se poi il Lupo ottiene la sua cena. Dico Lupo, perché non tutti i lupi sono della stessa sorta; ce n'è un tipo dall'apparenza encomiabile, che non è rumoroso, né odioso, né arrabbiato, ma mite, servizievole e gentile, che segue le giovani ragazze per strada e fino a casa loro. Guai! a chi non sa che questi lupi gentili sono, fra tali creature, le più pericolose!»
(Le Petit Chaperon Rouge, Charles Perrault, 1697, fonte Wiki)
E come per magia, siamo pure rimasti in tema e in piena attualità! :D
ehh zazie mi sa che c'hai inzeccato...e
RispondiEliminaaspetto con ansia i prossimi incroci !
p.s.: è filosoficamente corretto "inzeccare"?