mercoledì 9 giugno 2010

9 giugno

La mia amica Francesca è arrivata e io, che ogni tanto mi piegavo e mi tenevo la pancia, le dicevo: "Guarda, partorire non è mica così doloroso come dicono tutte, ma va là! Un dolorino ogni tanto, ma sopportabilissimo". E io, Van, lei e la mia pancia andavamo su e giù per il bar dell'ospedale per passare il tempo; dovevo stare lì perché ciccino non voleva nascere, era già diversi giorni "fuori tempo", si diceva allora.
Ok, io vado, mi ha detto poi la mia amica Francesca, e chiama quando si muove qualcosa.

Signora, deve fare le scale.
Fai pure le scale.
Signora, gemelli, vero?
No. Era uno. Un bove di quattro kili e rotti, lungo da far paura. Mica me lo dicevano, ai monitoraggi. Scusi, ma secondo lei quanto peserà? Mi guardavano, guardavano il bovetto nello schermo, mi riguardavano e sorridevano (era compassione) e poi mentivano spudoratamente e mi dicevano che non si poteva calcolare. Ok, pensavo. E' un bove.

Signora spinga. No no, muoio. Paf. Ueue, Nato. Alle vicine di letto capitava così. E io niente. Sa, è il secondo. Sa, è il terzo. Sa, è il primo, ma non è per tutti uguale. Eh, no, infatti, pensavo io.

Fai pure le scale. Van, andiamo a fare un giro nel giardino, dai, però prendiamo l'ascensore, stavolta. Ok. E allora eravamo davanti all'ascensore che aspettavamo che si aprisse la porta. L'apertura della porta e la contrazione decidono per la simultaneità. Dentro noto a mala pena due nonne con borsetta e un nonno. Io intanto mi pianto davanti all'uscita dell'ascensore con braccia e gambe a forma di stella in una smorfia che non devo essere stata tanto carina, ché già avevo una pancia così, due tette così, un naso così, due piedi così. Il nonno dice: "Signora, noi dovremmo uscire". La nonna gli parte con una gomitata nel fianco che poi ha sentito la doglia anche lui. Ah ah. Grande nonna. Le porte si sono richiuse con loro dentro. Forse Van ha detto "scusate". Forse la signora mi ha guardata con tanta dolcezza. Intanto io odiavo tutti. Loro stavano bene, bastardi, e poi magari se lo sarebbero anche coccolato, il ciccione, se la smettesse un attimo di caccciarmi i piedi dritti nelle costole e nella cistifellea, che sono diventata gialla di faccia ormai; fegato, reni, pancreas, intestino: non c'era più posto per nessuno in questi trenta centimetri di pancia che ho.

Fai pure le scale. E su e giù e su e giù. Niente, centimetri UNO, e all'appello ne mancavano ancora otto-nove.

Mi metto a cavalcioni su una sedia, perché: Signora, dice, cerchi le posizioni in cui sente più sollievo" (seh). Chiudo gli occhi un attimino, eh, ma te Van stai qua, qua, qua, non ti muovere da qua, capito? Io ti odio, lo sai vero? perché io sì e te no? Non è che mi massaggi un po' sotto la schiena amore grazie. Poi un dolore, ma porc! ma neanche un secondo per riposare, qui? Ma se sei crollata per sei minuti! Sei? Non è vero. E invece sì, d'orologio. Guarda! Opperò, vedi come passa in fretta il tempo, quando ti diverti?
Le acque! Evviva! Il vomito! Evviva! (Evviva? sì, evviva, evviva, perché al corso ti dicevano che quando vomiti devi essere felice ché ormai ci siamo, ti dicevano). Secchi e stracci, stracci e secchi, secchi e stracci stracci e secchi.

Dopo è tornata la mia amica Francesca che mi ha visto e non mi si voleva avvicinare più. Mi guardava e parlava con Van e mi guardava e sembrava come se io non potessi rispondere. E infatti non potevo tanto.

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Ore 21,30
Nguahaa.
"Madonna questo, guarda che due belle cosciottone!".

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Sì tesoro, così ha detto la dotoressa. E sì, queste sono state le prime parole che ti sei sentito dire appena hai messo piede qui.

Le seconde sono state le mie, eri avvolto in una asciugamano e avevi un sacco di capelli ricciolini e neri neri appiccicati alla testa. Ciao amore mio, è un piacere conoscerti. Sei bellissimo.
Poi non sono riuscita a dirti nulla perché avevo la voce rotta, sai, è un momento un po' così, che non ci credi e ti senti un eroe e ti senti più pieno dentro di prima, anche se in realtà, dentro di me, tu non c'eri più.

Auguri, cucciolo mio.
E quest'anno sono nove anni che ti amo senza condizioni.

9 commenti:

  1. *-* Un bacio alla mamma (e al vitellino :D)!!!

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  2. ahah bellissimo! sarebbe interessante conoscere la versione di Van, adesso ;)

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  3. Ti capisco e da madre ti dico che su tutto quanto, per tutto quanto e da tutto quanto i figli ne valgono sempre e comunque la pena!
    E anche se metterli al mondo è doloroso e faticoso, è una cosa solo nostra e tutta nostra e loro, i maschi, anche il più comprensivo e solidale non la capiranno e non l'avranno mai!
    E credimi, gli rode oh se gli rode perchè in quel momento "sanno" che noi siamo superiori!
    Mille auguri (il mio ha 15 anni)

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  4. sei sempre la mia scrittrice preferita...trasformi i momenti più difficili in un bel racconto pieno di emozioni....mentre leggevo questo racconto Lucas guardava il pc e si è reso conto che c'era Sara...ha subito voluto leggere il tuo libro ancora!!!!
    Insomma che dire...ormai sei la ns Lia Finato.
    Augurissimi!

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  5. stavomegliquandostavopeggio9 giugno 2010 alle ore 14:01

    come 9 anni?? sembra ieri ;) auguri!

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  6. Grazie a tutti. Per la verità avevo un po' di titubanza, questa mattina: non sapevo se pubblicare quest'emozione così intima. Adesso però son proprio felice. :')

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  7. io col primo: tutto diverso, ma emozione uguale

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