mercoledì 31 marzo 2010

Pausa

<<
"E' ora di pranzo", attacca "mi siedo accanto alla mia pressa e addento i resti di pollo che porto da casa.
Accorre il caporeparto: "Smetti, nascondi via tutto, sta arrivando il padrone".
"Eh no, caro mio. Col poco tempo che ho, io continuo a mangiare. Il padrone viene a visitare le bestie? Le veda, le veda, metre fanno bagordi."
Saran passati, che ti dico?, due minuti ed eccoti davanti il boss, con codazzo di capi e guardie.
"Ah, il signore banchetta!" Lo guardo gelido e lui pure. Se ne va.
Mesi dopo c'è il rinnovo del contratto. Com'è, come non è, vengo licenziato. Io solo. Un capo mi dice: "Le cosce di pollo sono indigeste". Hai capito? Era per quell'episodio: avevo mancato di rispetto. Roba da pazzi.
Vado a lavorare alla Breda a da allora non perdo una lotta. Ho fatto tante ore di sciopero che ho perso il conto. Ora eccomi qui, ma non ho perduto la voglia di battermi. Come te. Però oggi la situazione non è granché bella. Ah, formidabili quegli anni!"
Racconto la conversazione all'editore. "Formidabili quegli anni? Ecco il titolo giusto!" Aggiudicato. >>

Tratto da: " Mario Capanna, Formidabili quegli anni, Garzanti Libri, Milano, 2007

Formidabili, quegli anni. Già.

giovedì 25 marzo 2010

L'uomo è un animale sociale?

L'uomo è un animale sociale. Interviste.

(Per sapere cosa ne pensa la gente, non bisogna pensare a fare tante teorie, no, la gente bisogna intervistarla. Allora sono andata in giro a passeggio per il mio cervello e ho intervistato la gente che mi ha dato delle risposte molto sagge sulla gente stessa. Perché la gente sa.
La gente sa, ma alla gente piace tenere nascoste le cose sapute. Alla gente non piace fare i saputi. Delle volte. Delle volte invece sì. Ma fa lo stesso, la gente del mio cervello è gente umile che se non la intervisti non ti dice niente ma niente che è una fatica proprio non me lo far dire.)

(Seguono le interviste della gente che abita il mio cervello. Tranne una che è vera. La Benze.)

L'uomo è un animale sociale?
Dov'è che l'ho già sentita 'sta puttanata?

L'uomo è un animale sociale?
L'uomo è un animale. Punto. Ma lo sai cosa ha fatto quell'idiota di mio cognato che viene con il suo cane schifoso a fare la cacca e la pipì sempre nel mio vialetto? No, dico, secondo lei le sembra una cosa sociale questa?

L'uomo è un animale sociale?
Mh. Boh (Benze)

L'uomo è un animale sociale?
Secondo me l'uomo è un animale sociale parziale percentuale con scarto. Andrebbe calcolato con precisione, per essere persone serie. Non è che si può stare qui a fare teorie sul niente. Per dire, se ha tempo che le illustro...
No.

L'uomo è un animale sociale?
Non so, io però certe volte mi attaccherei alla giugulare del mio vicino. Che è mio cognato, comunque, tra parentesi.

L'uomo è un animale sociale?
Ma per favore.

L'uomo è un animale sociale?
Sì, l'ho letto su facebook.
(Benze)

L'uomo è un animale sociale?
Certo. Anzi direi che la socialità è alla base del vivere umano e in questo si snoda uno dei più alti val...
zzzzzz

L'uomo è un animale sociale?
Certo, e se no come ti spieghi che mio marito è sempre al bar?

L'uomo è un animale sociale?
L'uomo? Forse. La donna no di sicuro. La donna al più è animale pettegolo.

L'uomo è un animale sociale?
Io e i miei amici sì, per dire. Gli altri no però, credo di no. No, no. Decisamente.

L'uomo è un animale sociale?
Dov'è che l'ho già sentita 'sta puttanata?

L'uomo è un animale sociale?
Quel porco di mio marito sì, guardi, sempre a socializzare con quelle puttanelle, non so più come fare me lo dica lei.

L'uomo è un animale sociale?
Guardi, secondo me tutt'al più socio. E poi e poi.

L'uomo è un animale sociale?
Senta signorina, io glielo dico con tutto il cuore: la smetta di andare a importunare la gente in giro, che poi vede lei, la socialità, dove gliela mettono, di 'sti tempi a fare certi discorsi io non lo so dove andremo a finire.

L'uomo è un animale sociale?
Cioè?

L'uomo è un animale sociale?
Tutti tranne quel coglione del benzinaio davanti a casa mia.

L'uomo è un animale sociale?
'spetti che cerco su google.

L'uomo è un animale sociale?
Guardi, a me l'uomo è sempre piaciuto. Alla piastra, poco cotto.

(Continua)(Forse)(No, è che in giro per il mio cervello dopo un po' non c'era più nessuno, via tutti, non so, avevano da fare, magari. Spariti tutti, oh. Pazzesco. Gente umile.).

mercoledì 24 marzo 2010

Punti di vista



"Ritengo utile che tu vada a letto".

"Ritengo utile di no."

sabato 20 marzo 2010

Alba



E' l'alba, sulla città, che fa finta di scaldare questa stanza vuota.
Qualcuno te lo chiede mai, il tuo nome, mentre
mentre
mentre
e sei ancora lì, dentro la macchina verde, sfasciata come la tua vita.
E una bocca rossa oltre il suo confine. Rossa come la tua vita.
Rossa. Rosso. Rosso .
Rosso tutto.

Aspetti.
Guardi giù, dentro la macchina verde sfasciata come la tua vita.
Ma un giorno, un giorno arriverà qualcuno.
Mi chiederà come mi chiamo.
Oh sì, me lo chiederà, quel giorno.
Solo che io, adesso, non lo so come mi chiamo.
Non lo so più, io, come mi chiamo.

Alba.

giovedì 18 marzo 2010

Azzurro

"Bravissima, e adesso colora!"

M. prende l'azzurro. La osservo con curiosità e trattengo a stento la voglia di correggerla, o fermarla, o farle cambiare colore. I bambini, so, hanno delle intenzioni precise e raramente fanno le cose a caso.
M. disegna una grande bocca azzurra. Guardiamo il disegno; le chiedo perché abbia scelto proprio quel colore.

"Il mio papà ha il sorriso azzurro."

E' vero, penso, certe persone hanno il sorriso azzurro.

domenica 7 marzo 2010

Marta e Gianni #2

Famiglia a norma, anzi, volevo dire normale; interno giorno. Marta e Gianni sono ancora a tavola anche se hanno finito da un pezzo di mangiare.
E' domenica. Entra in cucina il figlio grande. Ha diciassette anni, fa la quarta liceo ma non studia da settembre. Si è innamorato, pensa Marta. Non ha voglia di fare un cazzo, pensa Gianni.

- Esco, ciao.
- Dove vai?
- A fare un giro. Ci vediamo più tardi.
- Alle sette a casa.
- Mh, non so. vedrò.
- Cosa vedrò? Tu alle sette sei a casa.
- E perché? perchè lo decidi tu?
- Dai, non fare l'idiota, alle sette e mezza mangiamo, come sempre, e tu torni.
- No.
- Sì.
- No.

Marta e Gianni avevano sempre dato poche regole ai figli, poche ma chiare; solo che lui, già a quattro anni, era uno di quei bambini cosiddetti dal carattere forte, pensava Marta. Una testa di cazzo, pensava Gianni.
Alla fine, crescendo, il soggettino aveva capito che in fondo le regole erano necessarie, gli avevano dato sicurezza, nel tempo.
Lavarsi i denti ogni sera gli aveva risparmato suon di carie e trapanate nei denti, per dire. E lo sapeva.

Ma adesso non ne poteva più delle regole. Strette, gli stavano strette.

- Tu torni alle sette e basta.
- E chi lo dice?
- Lo dico io.
- Capirai.
- Capirai cosa? E poi devi finire i compiti.
- Non mi va. Domani sto a casa da scuola.
- No, tu torni, finisci di studiare e domani vai a scuola.
- No.
- Sì.
- Senti papà, ma a te cosa ti è servito studiare, me lo dici? Che sei laureato e sei precario? E i tuoi valori? Rispetto delle regole? Giustizia? Ma fammi il piacere, dai. Ma aggiornati. Vince il più ricco, e basta. Non servono né i valori né lo studio. E adesso, se permetti, me ne vado. Ciao. Ci si vede più tardi.
- VIENI QUI T'HO DETTO; NON ANDARE VIA COSI'!

Gianni si alza e segue il figlio che è già fuori, guarda suo padre con il sorrisetto e, uscendo, chiude la porta tirandosela lentamente dietro, e Clic, dice. Non la sbatte, la porta. Non si può sbattere la porta. Clic, dice, chiudendosela lentamente dietro, senza lasciare lo sguardo del padre fino all'ultimo. Il soggettino.

Gianni è talmente in cima che se potesse lo strozzerebbe, c'ha una voglia di prenderlo a calci nel culo che non lo sa cosa lo trattiene, ma si trattiene e torna in cucina. Marta è seduta, ha una forchetta in mano e gioca con un'oliva.
Si guardano. Marta ha gli occhi pieni e lui la guarda dritta e le punta il dito contro. Lei sa cosa vuol dire quel dito: vuol dire non ci provare neanche a piangere, che abbiamo passato cose peggiori, passiamo anche questa. Lo sai, come va; poi stasera gli parlo e si calma.
Questo vuol dire quel dito. Lui lo sa prendere, al grande. Stasera gli parla, si sistema tutto.

Marta si alza. Va verso il lavello, deve lavare i piatti. Apre il rubinetto, l'acqua privata esce, quella calda mischiata e quella fredda, e a guardare tutta quella libertà che ha l'acqua, di uscirsene da lì, veloce, le lacrime, Marta, non le trattiene più. Escono, le lacrime, anche loro libere. Ma non c'è pianto. Escono e basta, le rigano la faccia. Sono miscelate anche loro, calde e fredde, come l'acqua privata del rubinetto.

E sono tutte mie. Mie. Tutte mie. Queste, vivalamadonna, pensa Marta, sono mie e non me le porta via nessuno.