martedì 19 giugno 2018

l'uscita didattica

Siamo in uscita didattica con i bambini di quattro anni, per la verità qualcuno ne ha già cinque, dobbiamo essere precisi, sono differenze da fare ASSOLUTAMENTE. Però precisiamo che sono TUTTI grandi, ma non divaghiamo.

Siamo in uscita didattica al Parco Marecchia, che è splendido, e alla fine della nostra passeggiata arriviamo al Ponte di Tiberio, veramente di Augusto e Tiberio, meraviglioso ponte millenario.
Indicandolo dico:

- Bambini, sapete come si chiama quel ponte?
- Ceeeerto maestra! Quello è il ponte di Tiberio! Me lo ha detto il mio papà.

Mannaggia ai fichi romani, come diceva mia nonna, ma i bambini oggi sanno tutto! Ma a cosa servo io, maestra, ai bambini di oggi? Che frustrazione, oggi non servo, oggi non posso insegnare niente. Tristezza, mestizia.

Poi mi ridesto e penso: ma dai, è impossibile che sappiano chi era Tiberio.

Dico:

- Bambini, ma sapere chi era Tiberio?
- Ma te l'ho già detto, maestra, il ponte!

E un sorriso di soddisfazione si stampò sul mio volto di maestra ancora utile.
Allora ho preso fiato e mi sono messa a fare la mia bellissima lezione guardando e indicando il ponte con ammirazione e quando mi sono voltata non c'era più nessuno perché nel parco c'erano degli alberi caduti su cui arrampicarsi, dei sassi, degli insetti, delle foglie, dei rami così spettacolari che ciao Tiberio, ci vediamo alle elementari.



sabato 9 giugno 2018

tu chiamale, se vuoi

A scuola sono venuti due ragazzi dell'associazione RiAnima di Rimini, ci educano a comportamenti sicuri e ci insegnano cosa fare in caso di emergenza. E' un'esperienza molto bella, ma soprattutto utile.
Ad un certo punto ci insegnano che il numero da chiamare in caso di emergenza è l' "uno uno due".

Volete fare una prova? adesso chiamiamo l' uno uno due, vieni Chiara, dice Teresa. Gabriel farà il bimbo da soccorrere, stenditi a terra, facciamo finta che ti sei rotto un braccio. Gabriel si stende a terra, Danilo chiama e mette il telefono davanti a Chiara, sei anni, che deve parlare all'operatrice.  Noi ascoltiamo da una piccola cassa collegata al telefono. L'operatrice, Valeria, sa che stiamo chiamando da una scuola, che è una simulazione, ma è davvero operatrice dell' "uno uno due".
Pronto, si sente dal telefono. Chiara è emozionata e con la sua vocina timida risponde. Come ti chiami, dice Valeria. Chiara, dice Chiara. Perché mi hai chiamata? Cosa è successo?
Teresa suggerisce sottovoce, Chiara dice che un suo amico si è fatto male al braccio. 
Chiedigli come si chiama. Chiara esegue e Gabriel risponde. Valentina dice bene, possiamo dire che risponde, che è vigile. Chiedigli quanti anni ha, dice Valeria. Chiara esegue, Gabriel risponde. Chiedigli se quando è caduto ha sbattuto la testa. Chiara chiede e Gabriel dice di sì. Valeria dice Bene, brava Chiara, sei bravissima. Dove vi trovate? A scuola, dice Chiara. In che città? Santarcangelo, dice Chiara.
Molto bene Chiara, ora mandiamo un'ambulanza. Sei stata molto brava. 

Nel frattempo io mi sono messa a piangere. Sono dietro i bambini, osservo la scena in silenzio e piango. Non riesco a fermarmi, vorrei fermarmi perché mi vergogno un po', ma non ci riesco. Poi penso che quest'anno abbiamo lavorato tanto sulle emozioni, a riconoscerle, a dare un nome, a lasciarle scorrere. E quel lavoro viene utile anche a me, in quel momento. Mi dico che è commozione, sto pensando a quante volte, durante un'emergenza, i bambini fanno la differenza, e sentire la vocina di Chiara, così piccola e così brava, e la voce rassicurante di Valeria dall'altra parte del telefono, mi ha fatto crollare. Lascio che le lacrime scorrano.

Ad un certo punto Valeria dice Adesso avrei bisogno che tu mi passassi la maestra.
Alé, penso. Mi guardano, ma io non sono mica in grado. Mi sono commossa, scusate, dico. Per fortuna c'è la mia collega che va al telefono. Non so cosa si dicono, sono andata in bagno a prendere un po' di carta per asciugare gli occhi.

Danilo viene a chiedere se va tutto bene. Tutto bene, grazie, mi sono commossa, siete bravissimi.

Sono contenta. Grazie ragazzi.

lunedì 4 giugno 2018

le chiacchiere

(Ciao, sono tornata, è finito un periodo, diciamo così, un periodo che bisognava fare silenzio.)

Allora racconto questa cosa:
un pomeriggio, a scuola, siamo tornati dentro dal giardino, ci siamo messi nell'angolino (panchine in cerchio dove si fanno le chiacchiere, si raccontano le storie, si fa il calendario, si gioca) giusto il tempo di raccogliere le idee e poi tornare a giocare, fare, sbrigare, creare cose, inventare. 
I bambini erano sudati fradici, storditi dal caldo e dal gioco in giardino, con i capelli appiccicati alla testa, sporchi di polvere, di terra, di erba. Avevano tutto il giardino addosso, praticamente.
Allora io ho detto: Bambini, prima di tornare a giocare ci fermiamo un pochino, ci rinfreschiamo qui, cerchiamo di trovare un po' di benessere. 
Una bambina si è messa nella posizione del loto e ha chiuso gli occhi. 

Dico: ma voi sapete cos'è il benessere? 
Lo faccio spesso, mentre parlo, di chiedere se sanno il significato delle parole che uso. Scopro spesso che no, non lo sanno.

"E' fare i bravi", mi dice uno. 
No, dico io. Quello sarebbe il Bravessere!
Ridono. Rido con loro.

Pensate un attimo alla parola benessere, è formata da ben e essere, quindi è come dire stare bene. Per esempio, quando tornate a casa e siete stanchi, affamati,  magari anche un po' nervosi... Vi succede?
Sono tutti d'accordo che sì, succede così, e seguono coloriti esempi di nervoso.
Poi però la mamma o il papà vi fanno fare un bel bagnetto (seguono commenti su cosa c'è dentro la vasca o nella bacinella, paperelle, schiuma fino al cielo, rane che spruzzano, specchi pieni di gocce, sorelle o fratelli casinari, un giorno è successo che, pavimenti allagati, mamme e babbi sfiniti) e vi rilassate e tutti belli profumati mangiate e vi sentite di nuovo bene, giusto?
Sì sì!
Ecco, dico io, quello è un esempio di benessere.
A qualcuno tra i più piccoli sta calando la palpebra, tanto si sta rilassando. 

E il contrario di benessere? Chiedo.
Essere ben! Mi dice uno.
Ridiamo. 
Pensateci bene, dico. Benessere è una parola formata da ben e essere e vuol dire stare bene, sentirsi bene. E il contrario di sentirsi bene? Che parola potrebbe essere?
Non essere bravi! mi dice uno.  
Provo a semplificare e chiedo quale sia il contrario di bene
Male! dice uno. Poi alza lo sguardo, ci pensa e in un attimo arriva a comporre la parola Malessere.
Discutiamo per un bel po', ne hanno da raccontare.

E niente, è bello parlare con loro, volevo dire questo.