lunedì 24 settembre 2012

questo post è molto lungo

Vado a passeggiare in spiaggia, la giornata è bellissima. Arrivo al pontile e ritorno, a passo veloce.
E penso.
Devo stirare una montagna di roba inaffrontabile. Mi viene da pensare a chi si droga. Vorrei prendere delle droghe per affrontare la mucchia. Mica per la vita, no. Macché. La vita è una cazzata a confronto della mucchia. La mucchia fa selezione naturale. La mucchia uccide i deboli.

L'altro giorno a scuola una bambina trascinava una bambola di stoffa per i piedi, a pancia in su, la trascinava in giro per l'aula. Le ho chiesto se stava nascondendo le prove. 

In spiaggia passano due mie amiche che mi invitano ad andare a camminare con loro e un gruppo di gente che si trova alle nove di sera e cammina per il parco. E' un'idea fantastica, penso. Mi vengono a prendere alle otto e mezza martedì sera, sono felicissima. Dieci chilometri. Ce la farò? Ho deciso di sì.

Se non stiro poi lui mi dice che ha finito le mutande pulite. Gli dico: guarda nella mucchia da stirare. Lui va nello sgabuzzo e poi torna e poi mi dice che non ci sono. Io vado, domo la mucchia, riconosce la mia voce e la mia autorità, si calma, sposto due cose, le trovo. Non le avevo viste, mi dice lui.
Drogarsi forte drogarsi tanto.

Non vogliamo più andare da soli a parlare con lei, vogliamo dei testimoni. Ad avere a che fare con i confusi si diventa confusi. Uno sano dice: sbaglierò io. Invece quello confuso, senza qualche venerdì, non lo dice mica mai, "sbaglierò io". E' così che a quelli sani piano piano, a forza di dire "sbaglierò io", pensano di essere confusi loro, gli partono tutti i giorni della settimana, se non si sta attenti.

A scuola una bambina di quattro anni giocava nell'angolo cucina con uno suo compagno di tre anni. Sono grandi amici, quei due. Ad un certo punto il piccolo inizia a piangere forte, molto forte. La mia collega si avvicina. Lui piange così forte che ci vuole un po' per calmarlo. Intanto l'amica sua è seduta sulla seggiolina, è seduta comoda, direi che è proprio sbragata con una gamba accavallata sull'altra, un braccio sulla spalliera della sedia mentre con la mano libera sta cercando una caccola nel naso, è molto occupata e concentrata in questa operazione, tanto da strabuzzare gli occhi. Ogni tanto si ferma e guarda il compagno che piange come un disperato ma non si scompone, la caccola è ancora lì, c'è da fare. Il suo amico spiega alla mia collega che lei lo ha appena morsicato. Lei non ha tempo di discutere di questa cosa, deve cercarsi la caccola.

e se non stirassi per niente?

Ieri mattina ero in camera di mio figlio grande a rifare il letto, mi sento chiamare dalla strada, è un signore che chiede di quelli del negozio che abitano da queste parti. Siamo noi, gli dico. Le mando mio marito, gli dico. Vado in corridoio e mio marito è in mutande, si è alzato da poco, mi viene una fretta di dirgli che lo vogliono per il negozio,  presto, fai presto, gli dico, vieni, ti lancio i componenti. Gli ho lanciato una maglietta nera che ho trovato nella mucchia dei panni in fondo al letto. Il potere contro le mucchie è con me.

Mentre la mia collega consolava il piccolo morsicato dalla bambina, ancora comoda sulla sua sedia con il braccio sulla spalliera, è passata la bambina che trascinava la salma-bambola per i piedi.
Delle volte mi sembra di lavorare in un bar di periferia.

Bisogna imparare a mantenere fermo l'equilibrio quando si parla con i confusi. I confusi non mettono i soggetti quando parlano, cosicché tu non sai mai di cosa o di chi si stia parlando, allora fai delle domande per capire bene, molte domande, chi? cosa? è importante capire bene. Alla fine quello svalvolato sembri te.

Se non ce la faccio a fare dieci chilometri al massimo al chilometro cinque faccio la fine della bambola della bambina a scuola, mi trascineranno per i piedi. "Lasciatemi qui, non voglio rallentarvi. Chiamatemi Anita!"
"Non c'è nessuna Anita, qui".
"Anita Garibaldi, branco di stolti!".

Ho il potere che doma le mucchie, vuoi che mi spaventino dieci chilometri? Ma per chi mi avete preso, dico io.

L'altro giorno a scuola eravamo in giardino. Ero seduta vicino ad una bambina che ha appena iniziato a frequentare. Ha tre anni. Guardo in terra e prendo un ago di pino secco. "Sai come si chiama questo" le dico. "No", mi dice lei. "Si chiama ago di pino. Ago perché punge come un ago (e mi pungo il dorso della mano) e di pino perché è del pino, che è questo albero qui (e alziamo la testa a guardare il pino altissimo sopra di noi).
"E come fa adesso l'ago di pino a ritornare sull'albero?". Mi dice lei.
I bambini hanno questa cosa qui, che ti mettono in un cul de sac con due parole.
Per le mucchie sono pronta, ho i poteri; per i bambini non sempre.

 Sono arrivata al pontile e sono tornata indietro. Mentre andavo facevo dei pensieri, al ritorno ho fatto gli stessi pensieri al contrario, mi sembrava come di riavvolgere il nastro.

Domani stiro. E cammino la sera, almeno mezz'ora. E inizio a finire le cose che devo finire.

Non so come finire questo post, tanto per cominciare.
Il mio professore delle superiori diceva che lui era bravo a scrivere i finali, allora quando qualche suo amico scrittore non sapeva come finire un brano, un romanzo, un saggio, lo chiamava e lui scriveva il finale. Diceva che ci sono quelli bravi a scrivere gli inizi e quelli bravi a scrivere i finali. Lui sapeva scrivere i finali. Se avessi il suo numero di telefono lo chiamerei per fargli scrivere il finale di questo post.
No, non è vero, i miei erano tempi che non si chiamava al telefono un prof per chiedergli i finali delle cose.

Quindi niente finale.

venerdì 21 settembre 2012

è sempre un onore

"Insomma, io avevo sette anni e le codine ed ero piena di immaginazione e ogni tanto andavo da Beppe che stava sempre seduto sulla panchina, andavo da lui perché sapeva raccontare le storie e gli dicevo: Beppe, mi racconti la storia di quella volta del marziano?, e lui mi diceva: Non è una storia, è la Verità; e allora io gli dicevo: Va bene Beppe, mi racconti la storia della Verità di quella volta del marziano?
Lo facevamo sempre, di dire così, proprio così, tutte le volte, in fila.
E poi lui iniziava a raccontarmi."
(continua)

Questa storia si chiama "Beppe", l'ho scritta io, se volete leggerla tutta la trovate in "L'ennesimo libro della fantascienza" a cura del Many e dei Barabbisti, che è un libro non di carta, è un ebook collettivo e lo potete scaricare gratuitamente andando qui , ci trovate tanti racconti che secondo me sono bellissimi, non ho ancora avuto il tempo di leggerli ma lo so che sono belli, in un futuro prossimo li leggerò tutti anche se, in questo momento della mia vita, trovare il tempo per farlo mi sembra un racconto di fantascienza. E infatti lo troverò.

mercoledì 5 settembre 2012

il condominio

Bonciorno a tutti, cari condòmini, care condòmine,

siame qvi riunite per una motivazione mott'urgenti, per une cosa indecenti che sta capitandi annostr condominie, una cosa che ci togli le notte e li ciorni, i respiri e la tranquillitate tutte.
E qvesta cose di cui ora vi parle, per conto della ministratio, lo sapete megli di me, qvesta cose terribbilissime che ci va capitante da mesi, qvesta cose che non ho capacitazione di come sie succedute... forse che è sempre statte così ma ora solamente ci accorgiamo? Forse che prime eravamo di pensiero che non era così crave e tappavamo naso e orecchi? Forse che intimamente adesso abbiamo perduto la pazienza? E' colma la misura? Sarà, ma ora abbisognamo urcentemente di risoluzzione. Eppure io, nella solituta della mia stanz, nei notti che zono statte sveglio, sempra a cause di qvesta problemazione, non mi sono capacitato di trovare soluzziona alcuna, nonostante la spremitura di meningie.

Ora:
Qveste problemme cravissime sapete che essere dovuto a: le troppe cicale di ciorne e i tropperrimi crilli di notti, appostatisis in ogni loco di condominio et non solo nello albero come di consuetude, che assediano con le loro rumore continuo et fastidiosissimo ogni ancolo di condominio, ogni orecchie di condòmino et condòmina, grante et piccole, in ogni momento, e anco giù per la via, e non permettici di fare al-cun-ché et produce mali di testa et umore malevolo alli signori condòmini et alle signore condòmine, che per esso stesso motivo di nervoso si vanno litigando da mesi tra di loro, li mariti con le mogliere, li bambini co' li bambini, li grandi co' li bambini, e li bambini picchieno li cani e tireno le code alli gatti.

La cicaleccia e la grillìa continua dell'insette maledette non produce che fastidie, non è affatto, cari condòmini, un canto, anzi, è una cose che non si puote ascoltare, io diche che qveste insette maledette deveno ezzere malate de cvalcheduna malattia graverrima et sconosciuta, non arrecano cuella sollevazzione dell'anima che danno solitamente le insette estive nelli prati, ma anzi! qveste insette malate producheno solo chiacchiericcie stridulantes, inzenzate, continue et inutilissime! I-NU-TI-LI-ZZI-ME.

Io, nelle solitude delle mia stanze, avrebbi anch pensatto di sterminare tutt-tti, tutt-tti le insette causa di cicale-cci-o terrifica-nt-e et i-nu-til-e, e che, Primo: tutt' noi ce ne andamme da qvi per un tempo ics e che, secumdariamente, bombardiammo con un veleno le insette maledette tutte (scussate la violenza) e poi facciamme ritorne allo nostro condominio. E dopodiché, terziariamente, ci mettiamo famillia di insette non malati ma sani che alliete le nostre ciorni e le nostri notti con canti belli et delicati, cosa che sarebba utile per cuori et menti et sollazzo per lo animo, anche delli cani et delli gatti che trarrebbero, sanza dubitazione alcuna, non poco sollievo.

Ma poi ha pensate io che forze anche ze zembre che è una buona idea a un prime acchitto, forze non è con violenze et barbarie che si pote risolvere problema di infestazzione insette maledetti cicalanti inutilizzimi in condominio nostre.

Sono qvindi ora qvivi di fronti a voi con cuore in mano a chiederv de trovare una soluzziona per qvesto terrificante problemazione che ce affligge tutte cuanti.
Altrimente io procedo con veleno oppure io chiame qvesto condominio Manicomio.

Dite.