giovedì 30 agosto 2018

un'estate che, tra le altre cose

Ho passato l'estate così: la mattina sono andata in bicicletta fino a Rimini, per fare dell'esercizio fisico che assieme alla dieta dà i suoi frutti, poi il pomeriggio ho scritto e poi giù al mare a leggere, poi la sera niente, solo ogni tanto qualche giretto. E a Rimini, la mattina, se c'era anche mio figlio grande in giro in bici con me, siamo andati a fare colazione (lui si mangiava una mucca, io un cappuccino e un bicchiere d'acqua gas), poi una volta di quelle che eravamo insieme siamo andati a parlare con il tipografo di via Saffi, sono entrata, mi ha detto: veramente siamo chiusi però se posso... io ho detto che devo stampare un libro, chiedo come devo preparare il file, mi ha detto come fare, non so se ho proprio capito, comunque riapriamo il 3, allora ci vediamo il 3. Invece se non c'era mio figlio, delle volte andavo al mercato dei vestiti, ma ho comprato solo mutande e calzetti, che in casa i calzetti spariscono, continuo a comprare calzetti, non capisco, poi quello della frutta e verdura e anche quello del pesce, il mercoledì e il sabato, che una volta sono entrata, non ero del giro, si vedeva, mi hanno guardato, io non sapevo che banco scegliere, come si fa a scegliere, non avevo uno preferito, mi sono diretta verso un banco libero a caso, mi guardavo attorno come per chiedere scusa agli altri banchi, che imbarazzo, ma qualche banco devo pur sceglierlo, e mi sembra di aver colto del dissenso provenire dagli altri banchi, ma questi sono dettagli.

E a Rimini delle volte andavo nella mia libreria preferita a usare il buono della carta docente, ho preso e letto una ventina di libri, bellissimi, tutti tranne uno veramente, ma è una buona media, se ti piacciono diciannove libri su venti. Però non dico quali perché ho una forma strana di pudore digitale. Dal vivo invece ve li direi. Uno di questi libri ha vinto il mio primo premio assoluto. 

Oggi sono tornata in libreria sempre in bicicletta, fan otto chilometri all'andata e otto al ritorno, circa, e ho preso un libro che è uscito oggi, il libraio ha dovuto sfurgattare in una scatola, non l'aveva ancora messo fuori, io mi sono sentita un po' in colpa, a farlo lavorare così, è sempre gentile e disponibile, poi altri libri che ho prenotato non sono ancora arrivati, e quando sono uscita, che è due mesi che vado là a prendere i libri, il libraio mi ha detto "Ciao Lia", l'ultima volta aveva detto "Ciao cara", e invece quando ha detto il mio nome mi sono emozionata tutta.

martedì 28 agosto 2018

Cose che è dagli anni novanta che ci penso

L'altro giorno ero in fila dal panettiere. Ad un certo punto è il turno di un signore di circa cinquant'anni (di colore? nero? scuro di pelle? non so come descriverlo*), prende il suo pane, paga ed esce. La ragazza al banco lo richiama indietro "Ehi, scusa...scusa...", lui si volta e torna, lei gli dice gentilmente "scusa, guarda, ho sbagliato il resto, tieni, mancavano 50 centesimi". Lui sorride, si salutano e poi esce.

Nulla di strano, no?
Sicuro?

Nel 1992 frequentavo il mio prima anno di università; al corso di psicologia un giorno la professoressa parlò della forma del Lei e ci disse di essersi accorta che alle persone allora chiamate extracomunitari non ci si rivolgeva mai con il Lei. Perché no? Poi disse che avremmo dovuto farlo e insegnare loro a darlo e riceverlo, come faremmo con chiunque stia imparando la nostra lingua. 
Meraviglioso, pensai.

*Sempre in quegli anni vidi una rassegna di cortometraggi fatti da studenti del DAMS. Uno mi colpì tantissimo perché ci faceva fare i conti con qualcosa di cui non avevamo una percezione chiara:
una ragazza è seduta davanti ad un tavolino in una grande terrazza e sta scrivendo una lettera ad una sua amica che è in America per l'Erasmus, le sta scrivendo che stanno per arrivare alcuni loro amici e che di lì a poco ci sarebbe stata una festa. Ad un certo punto suona il campanello, entrano due ragazzi che vanno a salutarla in terrazza. Lei saluta e poi lo scrive nella lettera, scrive che è arrivata nome con il suo nuovo ragazzo di colore; poi si ferma un attimo e cancella di colore pensando "ma che sciocchezza, di che colore?", allora scrive un bel ragazzo, simpatico, alto, atletico, nero, è qui per studiare medicina" ma poi cancella e pensa "ma quanti particolari, se fosse bianco li scriverei?", poi scrive di origine Nord-africane, ma subito pensa "che ne so io di che origini ha", e va avanti un bel pezzo, non sa come fare, è in difficoltà, sente che sta facendo i conti con qualcosa che lavora da sotto.
Alla fine scrive:
"E' arrivata nome con il suo nuovo ragazzo, si chiama nome, un bel tipo, se stanno ancora assieme quando torni lo conoscerai", rendendosi conto che ancora non conosceva quel ragazzo, non poteva descriverlo e il fatto che avesse la pelle scura era un dettaglio insignificante.


martedì 21 agosto 2018

sul confine

La sala giochi del mio paese, che è ancora un posto molto frequentato da persone di ogni età, cosa che mi stupisce sempre, chiude alle 24:30.
C'è scritto così, a penna, in un cartello di fianco alla cassa.

Che a pensarci bene è un tempo che non sei da nessuna parte, o da tutte e due, dipende da chi guarda. 
E infatti è un orario bellissimo.

giovedì 16 agosto 2018

lo trovo meraviglioso

"Tutti i filosofi del mondo pendeno ogge dalla penna di V. Sig.a, perch'in vero non si può filosofare senza uno vero e accertato sistema della costruzione de' mondi, quale da lei aspettiamo; e già tutte le cose son poste in dubbio, tanto che non sapemo s'il parlare è parlare."

Marzo 1614, in una lettera che Campanella scrisse a Galileo.







mercoledì 8 agosto 2018

darsi un termine

Quindi adesso questa storia la sto rileggendo, la sto sistemando, anche grazie a un secondo lettore che mi dà dei suggerimenti, aggiungo tolgo sposto, rimetto risposto eccetera, come quando dovevo finire la tesi, che se non fosse per il fatto che c'era una scadenza precisa data dalle tasse e dagli appelli sarei ancora lì a correggere, dal 1998. Che poi a continuare a correggere finisce che snaturi tutto, mandi tutto in mona.

Poi mi vien su un'angoscia, all'idea che qualcuno possa leggere la mia storia, ma un'angoscia, non ho più scampo. Allora ho un progetto, che quando ho finito di correggere, mi do un termine, il 31 agosto, porto il file dal mio amico rilegatore in via Saffi, decido un formato, la copertina, tutto, mi faccio consigliare da lui che è uno bravissimo, poi me lo faccio stampare, lascio per ultime delle pagine vuote se uno vuole lasciare un commento, chi lo vuole leggere deve venire a prenderselo a casa mia, sennò niente, mi dispiace.

E in questi giorni ho scoperto anche un'altra cosa che mi ha lasciata un po' così, stupita, e cioè che per la lingua italiana, io, di questa "opera", sono il padre. Guarda te cosa vado a scoprire certi giorni.

martedì 7 agosto 2018

diario di una dieta 1

Sono in dieta da quaranta giorni e ogni giorno scrivo quello che ho mangiato per rendermi conto delle rinunce, un gelato oggi, un pacco di patatine domani eccetera.
Ho scoperto che mento.

lunedì 6 agosto 2018

fine

E niente, ho appena finito la storia. Chiusa. 
Mi viene da piangere tantissimo.

venerdì 3 agosto 2018

ripromettersi

Prima sono andata a prendere un libro nella mia libreria, in sala, Ugo Cornia, Sulle tristezze e sui ragionamenti, avevo voglia di leggerne un pezzettino perché c'è questo libro che sto leggendo adesso che è anche bello eh, ma; quindi sono andata a prenderlo, Sulle tristezze, l'ho aperto a caso, ho letto un capitolo, ho sospirato e ne ho subito giovato in salute e felicità, poi sono andata a vedere se c'era scritto qualcosa sulla prima pagina, di solito scrivo sempre qualcosa sulla prima pagina, e infatti c'è scritto a matita, in basso:

16 ottobre 2010, Lia e Nicolò in città.

Mi ha fatto di un piacere. Adesso però vorrei ricordarmi di più di quel giorno, sicuramente ero andata in città in bicicletta col piccolo, che aveva cinque anni, seduto dietro, magari proprio a comprare quel libro e però non mi ricordo nient'altro. Dovevo essere più precisa.
Me lo riprometto: al prossimo libro che compro, inserire dettagli.

mercoledì 1 agosto 2018

Come suona

Ho detto a mio figlio piccolo (dodici anni quasi tredici) se voleva leggere l'inizio della storia che sto scrivendo, che è quasi finita, manca il finale. Mi ha detto sì, allora gli ho dato il mio computer e ha letto l'inizio e poi a un certo punto mi ha detto, Mamma, la trama è molto bella ma sembra scritta da un bambino senza le mani, così guarda. E si è messo a sbattere la testa sulla tastiera del pc.
Che ridere. Gli ho detto che ha ragione, perché capita che le prime pagine ancora non sai bene che musica suona quella storia, lo sai solo scrivendola, quindi l'inizio è sempre un po' stonato. Adesso che so come suona questa storia sarà un attimo, correggere.
Ti viene voglia di leggerne ancora? Così capisci cosa voglio dire.
Sì! Posso?
Allora ha voluto leggere il primo capitolo e in certi punti rideva,  bella questa, diceva, in altri non capiva, io gli dicevo che avrebbe capito dopo averlo letto tutto, che è come un puzzle, mi chiedeva dei personaggi, a volte sbarrava gli occhi sorpreso.
Adesso ho capito cosa intendevi, mi ha detto.

Come primo lettore, son contenta.