Mi ricordo che un giorno di tanti anni fa ho vestito bambini,
no, dico meglio,
mi ricordo che un giorno di tanti anni fa ho gettato i bambini nell'armadio, ho detto rotolatevi dentro prendete maglietta e pantalone svelti che andiamo a giocare fuori. Mi ricordo che poi siamo arrivati davanti alla porta di casa e mi ricordo che l'uomo mio ci ha fermati con la mano, e poi li ha guardati dall'alto al basso, e poi ci ha detto:
dove-state-andando.
A fare un giro, gli avevo detto io.
Emh, no. Non avevo capito.
Non mi sono spiegato, mi dice.
Intendevo: dove andate vestiti così.
Bene amiciui cavi, vi presento Pascal. Pascal abita dentro quella meraviglia d'uomo che ho la fortuna di frequentare giornalmente in quanto sua moglie. Ogni tanto succede, lo si può vedere bene dall'occhio che si tende, dalla faccia seria, dalla posizione del corpo che si fa pascàlica, con braccio piegato e mano cadente, mano che talvolta si tocca le labbra in segno di profonda concentrazione, succede che Pascal prenda possesso temporaneamente di
ello. E quello era il giorno.
E insomma NO! no! non ci siamo proprio. Non andava bene per niente, che non si mischiano mai i quadretti e le righe, cosa mi salta in testa (avviso che se c'è qualcuno che a questo punto si sta sentendo male, è bene che eviti la lettura integrale del racconto), che le ciabatte blu e i pantaloncini neri, oh-ddio-mio! e che non si esce così (veramente non si sta neanche in casa da soli, così) e che i bambini dovevano assolutamente cambiarsi.
Vabè, ho pensato io, lo so che mio marito è anche Pascal, in fondo un marito pascal fa comodo, ché quando ho le crisi davanti all'armadio, lui arriva, sfurgatta un po' e mi addobba in tre mosse da sembrar uscita da vogue. Io lo so, ho pensato, che se metto in tavola le tazzine per il caffè, avendo noi il servizio ggiovane tutto colorato misto, ecco, se capita che, tipo, preparo la tazzina rosa salmone su piattino viola (oddio viola e rosa salmone. e qui ne abbiamo persi altri cinque per sopraggiunto svenimento), io lo so che gli viene il tic all'occhio. Ma va bene, ci compensiamo benissimo e poi ripeto: fa comodo.
Ma oggi, amiciui.
Oggi Pascal ha superato decisamente se stesso. Appena tornata a casa sono andata in bagno. Lui mi ha seguita perché mi doveva raccontare delle cose urgenti e insomma era lì sulla porta mentre facevo la pipì e quando ho finito mi sono alzata, mi son tirata su le mutande e a quel punto lui mi ha detto:
oh che bello, brava! hai le mutande coordinate.
Ho le
cosa? ho pensato. Le ho guardate: viola. Carine, zìzì.
Ma-ccci-eerto! gli ho detto io, sorridente e falsa come un barattolo tarocco di nutella. E' andato via felice.
Adesso voi ditemi, come faccio? non ho mica il cuore, davvero, di dirgli che io, ogni mattina, mi vesto rigorosamente al buio.
E che una volta sono arrivata a scuola in ciabatte.
E che da piccola non mi pettinavo mai.
E che da piccola mi prendevano in giro anche i sassi (volevo mettermi il vestitino estivo quello bellissimo con la farfallina ricamata davanti, in Gennaio, allora lo mettevo, ma sotto avevo il maglione di lana e i jeans. E allora?)
E che Pippo Pippo non lo sa, e nemmeno io tanto.
E che delle volte ho i calzetti di colore e forma diversi, tanto sono sotto.
Che per me i quadretti sono righe che si incrociano, quindi...
E che una volta mia sorella per farmi mettere un paio di scarpe
adeguate ormai muoio.
***
Comunque prima sono andata a prendere il piccolo a scuola: stamattina l'ha vestito e portato lui.
Certo, coordinatissima ai calzoncini, però addosso aveva la maglia del pigiama.